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Forzature giuridiche e rischio di incostituzionalità: la Cassazione sul decreto sicurezza

La Cassazione ha pubblicato una relazione sul decreto sicurezza che, pur non essendo vincolante, demolisce il testo di legge mettendo nero su bianco la possibilità che possa essere dichiarato come incostituzionale, compreso l'emendamento sulla canapa

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La Corte di Cassazione nei giorni scorsi ha pubblicato una relazione di 129 pagine che raccoglie i parerei di giuristi, avvocati e magistrati demolendo punto per punto il decreto sicurezza approvato dal governo, compreso l’emendamento dedicato alla canapa, che considera come stupefacenti i fiori di canapa industriale.

Pur essendo una relazione, che non è vincolante e non ha valore di legge, fa effetto leggere come la Corte di Cassazione – la più alta corte italiana che controlla che le leggi siano applicate in modo corretto da tutti gli altri giudici – non faccia alcuno sconto al testo di legge, a partire dal metodo di approvazione.

Ricordiamo tutti come, dopo mesi di discussione parlamentare, poi arenata al Senato, il governo decise di trasformare il disegno di legge in decreto, troncando ogni possibile compromesso. Ebbene, secondo la Cassazione, «Sei lunghi mesi di esame del ddl sicurezza al Senato e sei alla Camera dimostrerebbero meglio di ogni altro argomento l’assenza dei presupposti costituzionali di necessità e urgenza», si può leggere nel testo. Non è solo questione di tempi. Il governo ha motivato l’uso del decreto con l’intento di «evitare ulteriori dilazioni in Senato», ma la Corte costituzionale è stata chiara: «Il ricorso al decreto-legge non può fondarsi su una apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza».

Tradotto: per legiferare con un decreto legge, non basta dire – senza prove concrete – che c’è bisogno e urgenza di farlo.

L’altro nodo cruciale è la disomogeneità di un decreto che mette dentro tutto, dalle forze dell’ordine ai servizi segreti, passando per la canapa, terrorismo, mafia e il tentativo di silenziare le proteste. Per la Cassazione, questa mancanza di connessione tra i temi viola i requisiti di compattezza necessari per un decreto legge, mettendo a rischio la legittimità costituzionale.

Inoltre il decreto ha introdotto numerosi nuovi reati e lo ha fatto con effetto immediato, cioè senza vacatio legis. Cosa significa? Che le nuove norme penali sono entrate in vigore senza nemmeno dare il tempo ai cittadini di conoscerle.

Infine la Cassazione punta al dito anche sulle sanzioni ritenute “sproporzionate”.

CASSAZIONE ED EMENDAMENTO CANAPA

Sull’emendamento canapa la Cassazione chiarisce da subito che il divieto, arrivato all’improvviso e che prevede l’applicazione della legge penale per un’attività prima consentita, è stato approvato «in assenza della dimostrazione scientifica che l’uso dei prodotti derivanti da piante di canapa possa provocare effetti psicotropi o nocivi sulla base dei dati scientifici disponibili e condivisi», un atteggiamento che «potrebbe confliggere con principi di rango costituzionale».

I principi che secondo la Cassazione sarebbero lesi sono innanzitutto quello dell’affidamento del privato, garantito da due articoli della Costituzione, che «impedisce al legislatore di cambiare idea, se non in maniera ragionevole». Violerebbe poi «il principio di libertà di iniziativa economica ex art. 41 Cost., provocando gravi danni economici agli imprenditori e agli operatori economici coinvolti».

Lo stesso ragionamento vale per «il principio di determinatezza della legge penale» e cioè «la componente del principio di legalità che vieta l’incriminazione di fatti che non siano suscettibili di essere accertati e provati nel processo», e soprattutto «con quello di offensività (in astratto) nella misura in cui le evidenze scientifiche dimostrano l’assenza di effetti droganti quando il principio attivo della cannabis si collochi al di sotto delle percentuali di THC indicate dall’art. 4 legge 242 del 2016».

E qui rischia di cadere tutta l’impalcatura dell’emendamento canapa, voluto dal governo proprio per tutelare «l’incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale». Secondo i giudici, infatti, non bisognerebbe nemmeno ricorrere alla questione della legittimità costituzionale, perché basterebbe «una (ri)lettura giudiziale dell’art. 18 che possa escludere, sulla base del principio di concreta offensività della condotta la penale rilevanza dei fatti relativi alle infiorescenze prodotte dalla coltivazione di cannabis sativa “per difetto dell’elemento dell’offesa».

A livello europeo, poi, il decreto «sembra impedire la libera circolazione di una merce all’interno dell’Unione (artt. 34 e 36 TFUE) in maniera non proporzionale, in spregio al principio del mutuo riconoscimento e in rilevato difetto di esigenze imperative, non essendovi evidenze scientifiche che provino che le infiorescenze di canapa e i derivati di varietà di canapa con un contenuto di THC inferiore allo 0,3 per cento siano una minaccia per la sicurezza e la salute pubblica».

E i giudici insistono sul punto spiegando che: «Le piante di canapa, poi, una volta oggetto di coltivazione nel limite di THC ammesso, circolano nello spazio europeo come prodotti ottenuti: tema che apre al principio della libera circolazione delle merci in ambito UE (artt. 34 e 36 TFUE)».

Poi ripercorrono la sentenza della Corte di Giustizia europea sul caso Kanavape sottolineando prima «l’esclusione degli effetti psicotropi del cannabidiolo, che non può essere considerato come uno “stupefacente”» e poi che «l’estrazione di detta sostanza dalla cannabis può avvenire direttamente dalla piantagione considerata nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi». Per concludere che l’art. 18 si pone «in contrasto con la disciplina unionale».

LE REAZIONI POLITICHE

«Mi sembra un esercizio connotato da una forte impostazione ideologica», è stata la reazione di Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno ed ex prefetto al quale ha subito risposto via social il senatore del PD Filippo Sensi, così: «Le avevo viste quasi tutte, ma non ancora un ministro dell’interno che dice che la Cassazione – ripeto, la Cassazione – sarebbe “ideologica”. Quando perdi il senso dello Stato, e dovresti esserne una istituzione, hai perso tutto. Non è solo inaudito e grave, è pericoloso».

Intanto, mentre le opposizioni sposano la linea della Cassazione, i partiti di governo rilanciano: «È fortemente auspicabile un nuovo provvedimento per rafforzare ancora di più la sicurezza, con particolare riferimento alla tutela delle forze dell’ordine», ha infatti scritto la Lega in una sua nota “pienamente condivisa” da Fratelli d’Italia e da Forza Italia.

E se il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è detto «incredulo» per i rilievi della Cassazione, la replica è arrivata dalla prima presidente della Corte, Margherita Cassano, che, al Corriere della Sera, si è detta «sinceramente stupita dallo stupore» del ministro Carlo Nordio, spiegando poi che: «Non c’è un’invasione di campo, si tratta di analisi di tipo tecnico-scientifico che mettiamo a disposizione di tutti i giudici per migliorare complessivamente la qualità dell’interpretazione delle leggi».



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