Bob Dylan
Robert Allen Zimmerman nasce nel 1941 a Duluth nel Midwest, da una famiglia di origine ebrea, passa la giovinezza ascoltando la radio nutrendosi di musica blues, country e rock and roll. Fin da adolescente evita di usare il suo vero nome e dal 1958 si battezza al mondo come Bob Dylan. Figura fuori da ogni schema, dotato di una capacità comunicativa unica e ineguagliabile, poeta musicista e cantante passato al secolo come il menestrello della coscienza. Impossibile decifrare il personaggio, chiuderlo in una scatola, definirlo con una parola. Bob Dylan può cambiare nel corso della stessa giornata ed è dunque difficile descrivere qualcosa in continuo mutamento, di se stesso dice: “Tutto quello che posso fare è essere me stesso, chiunque io sia”; ma si può narrare delle sue gesta e raccontare della sua musica e della sua voce.
Negli anni sessanta ha mutato il modo di scrivere i testi musicali, cambiando il folk, da musica tradizionale seguita da una minoranza a musica impegnata e ascoltata da un’intera generazione di giovani di tutte le razze stufi di quel potere centrale che soffocava le libertà e spediva milioni di giovani americani a morire in Vietnam, mentre svanivano nel sangue i sogni di Kennedy e Martin Luther king.
All’inizio della carriera suona l’armonica accompagnando i concerti che si tengono al Greenwich village viene notato da Jhon Hammond che aveva già lanciato Aretha Franklin e, grazie a lui, firma un contratto con la Columbia Records nel 1961. Folk e blues uniti dalla voce messianica di Bob Dylan, una voce diversa quasi stridula che fortifica la dimensione poetica delle sue canzoni, tuttavia il primo disco non riscuote grande successo.
Nel 1963 esce il suo secondo album tra le tredici canzoni anche Blowind’ in the wind, canzone simbolo degli anni 60’ e della protesta giovanile, tre strofe che danno il senso della condizione umana e dell’eterna esistenza, della guerra di cui l’uomo non riesce a liberarsi, è con essa che diverrà paladino della controcultura per milioni di americani. L’album riporta grande successo, tanto che molti artisti reinterpretarono i pezzi di Bob Dylan e la CBS fece una campagna pubblicitaria in suo favore dallo slogan «Nessuno canta Dylan come Dylan».
Prese a cuore il movimento per i diritti civili e partecipò alla marcia su Washington dove Martin Luther King raccontò del suo sogno e si contrappose ai media lasciando gli studi televisivi dell’Ed Sullivan Show che voleva censurarlo. Il successivo album The times they are a-changin, interamente acustico esprime la rabbia di Dylan verso il mondo in termini quasi biblici, mandando un messaggio che sembra quasi una minaccia: “fate attenzione, poiché i tempi stanno cambiando e i figli di oggi sono pronti a rivoltarsi contro i loro stessi padri”. Non è intenzione di Dylan tracciare una nuova strada, ma riesce ancora una volta a porre nuove domande e a suscitare nuovi dubbi nella società statunitense con un blues aspro e lineare.
Nel 1963 Bob vive un periodo di crisi interiore e si sente controllato dall’industria discografica e manipolato dal movimento di protesta, famosa rimane la sua apparizione al National Emergency Civil Liberties Committee, dove sbronzo disse di aver capito cosa passasse per la testa dell’assassino di Kennedy, e chiese alla platea di andare in pensione perché ormai anziana e incapace.
Tra il 64’ e il 65’ Dylan modifica il suo personaggio, Bringing All Back Home e la fine di un’era, un album fatto di suoni elettrici che lascia di stucco gli addetti ai lavori e i fans dylaniani. Ed è con quest’album che nasce il Folk-Rock il 26 luglio 1965 sul palco del Newport Folk Festival, Dylan con la chitarra elettrica accompagnato dalla Paul Butterfield Blues Band non riesce ad andare oltre i tre brani, costretto poi a spolverare la chitarra acustica per continuare il concerto subissato dai fischi. Nello stesso 1965 esce il singolo Like A Rolling Stones che arriva al secondo posto nelle classifiche americane e al quarto in quelle inglesi, di essa Bruce Sprengsteen disse: «Suonava come qualcuno che avesse aperto a calci la porta della tua mente. […]Sapevo di star ascoltando la voce più forte che avessi mai sentito». Nel 1966 arriva Blonde on Blonde forse il suo album più importante che definisce «quel sottile vivace soffio selvaggio» uno dei migliori esempi culturali del XX secolo insieme a It All Back Home, Highway 61 Revisited.
Nel 1966 arriva il tremendo incidente motociclistico, viene ricoverato per mesi riportando la frattura di una vertebra cervicale, girò voce che fosse addirittura morto, dell’incidente dice: “Persi il controllo, sbandai da sinistra a destra. Vidi tutta la mia vita passarmi davanti… il fatto che ne sia uscito fuori ha del miracoloso”.
Ritorna sul palco il 21 gennaio 1968 per un concerto in onore del suo mentore Woody Guthrie. Nei 30 anni successivi Bob Dylan ha costruito la sua unicità artistica traendo forza dalle sue apparizioni dal vivo, con il suono della sua chitarra ha acceso tante coscienze e nel corso della sua carriera ha ricevuto molti riconoscimenti tra i quali un Oscar, e l’onore post conversione di esibirsi di fronte a Giovanni Paolo II e nell’aprile del 2008 i premi Pulitzer per il giornalismo e le arti hanno riconosciuto Bob Dylan come cantautore più influente dell’ultimo mezzo secolo, ma ciò che lui ama dire è: “L’insuccesso è preferibile al successo… perché l’insuccesso genera il successo, mentre il successo è un punto finale. Non ho mai avuto la sensazione di aver raggiunto il successo, e ne sono felice. Se avessi quella convinzione, non sarei qui. E da un sacco di tempo”.