Big Three
Da sempre, tra la pallacanestro e la cultura Hip Hop c’è grande affinità, probabilmente perché entrambe hanno un forte legame con la comunità afroamericana. Qualche tempo fa, mentre leggevo un articolo dedicato a Duncan, Ginobili e Parker per aver vinto il maggior numero di partite durante la stagione regolare -nessuno ha fatto meglio di loro da quando esiste l’NBA– mi sono chiesto: questo traguardo li rende i Big Three più forti di sempre?
Chiaramente non esiste una risposta assoluta, perché gli elementi da considerare sono troppi, e non sono gli stessi per tutti: c’è chi potrebbe tirare in ballo le statistiche, chi l’epoca, chi il talento singolo di ogni individuo e così via. Lo stesso discorso si può fare anche con la musica? Certo che sì. Anche per il rap nostrano? Ovviamente, i candidati non mancano.
[SPOILER]: Vi dico già che alla fine di questo editoriale non avrete un vincitore a festeggiare sul podio.
Cerbero
Talento, arroganza e antipatia dei più forti
Cominciamo con i Club Dogo, gruppo composto da Jake la Furia, Guè Pequeno e Don Joe, il trio che ha contribuito più di tutti nel rendere Milano la capitale del rap italiano. I dischi ufficiali all’attivo sono attualmente sette, e tra questi abbiamo “Mi Fist” e “Penna Capitale”, che per i ragazzi della mia generazione sono due pietre miliari. Per molti, tra fan e addetti ai lavori, “Mi Fist” se la gioca con i migliori dischi di ogni epoca, insomma un curriculum degno di nota.
Jake la Furia possiede e padroneggia tecnica, flow e contenuti come nessun altro: ascoltare “Serpi” per credere. Lo stesso vale per Guè Pequeno, che quando non pensa a fatturare (cit.) è un rapper completo e versatile, capace di reinventarsi ad ogni disco: peculiarità che pochi possono dire di avere. Don Joe rientra nella top five dei produttori più forti che abbiamo mai avuto in Italia: ha realizzato beats per il gotha del rap italiano e per artisti americani, solo chapeau per il producer milanese.
Per quanto riguarda le carriere da solista però, Jake la Furia e Don Joe, al loro esordio hanno decisamente floppato, rispettivamente con “Musica Commerciale” e “Ora o mai più”, considerando poi i mezzi e le capacità che possiedono, oltretutto mentre il loro socio di crew conquista un disco d’oro dopo l’altro.
Loro sono senza dubbio i nostri Lebron James, Dwyane Wade e Chris Bosh: talento, arroganza e l’antipatia che si porta dietro chi sa di essere più forte di tutti gli altri in quello che fa.
RM state of mind
La storia, l’incredibile sintonia
Passiamo dalla capitale del rap italiano alla capitale italiana: Roma. Avete già indovinato? Sì, sto parlando proprio di loro, dei “Colle Der Fomento con il rap, suona(no) più forte delle bombe, le bombe!”. I dischi all’attivo per il gruppo romano sono solamente tre, e nonostante due di questi tre siano dei veri classici (“Odio Pieno” e “Scienza doppia H” ndr) sono comunque vent’anni nella scena, e questo è un punto a sfavore, perché come diceva il buon Bassi Maestro “non cagate chi fa un disco ogni dieci anni, chi ha la fotta produce dischi non drammi”.
Danno è molto più di un rapper, è un grandissimo intrattenitore oltre ad essere un eccellente freestyler. Nei dischi spacca come pochi e il suo spin off come Artificial Kid è la prova di quanto sia forte anche su sonorità che non sono abitualmente sue. Se non fosse per Jake La Motta, Masito e Dj Baro -tengo in considerazione la formazione attuale, saluti al caro Ice One– avrebbero più riflettori su di loro.
Il punto di forza dei Colle Der Fomento sono i live, dove riescono a portare uno spettacolo pieno di fotta, senza sbavature e dannatamente Hip Hop: il gruppo romano, per la sintonia che hanno tra loro sono Larry Bird, Kevin McHale e Robert Parish.
Il più classico 2+1
Rimanendo sempre nel capoluogo laziale abbiamo i Cor Veleno, trio formato da Primo (R.I.P.), Squarta e Grandi Numeri. I dischi sul palmarès sono cinque, con un percorso che ha visto il gruppo romano passare dall’etichetta indipendente fino ad arrivare alla firma in major. La prematura scomparsa di Primo è stato un duro colpo per tutta la scena e non, ma questo non toglie quanto abbia fatto in carriera. Una grande carriera.
Per chi ha avuto -come chi scrive- la fortuna di vederlo esibirsi dal vivo, concorderà col fatto che David è stato uno dei migliori live performer che abbia mai visto, un vero animale da palco, capace di fomentare qualsiasi tipo di pubblico, che sia di una decina o di migliaia di persone. Non ce ne voglia Grandi Numeri, un po’ oscurato per via dell’incredibile personalità il forte carisma di Primo. Squarta invece è un beatmaker davvero originale, capace di ricamare su misura le atmosfere giuste per i due artisti romani, con un sound unico e riconoscibile.
Come Cor Veleno sono tanti i classici, come “21 Tyson”, “Un mestiere qualunque”, “Le guardie, i pompieri e l’ambulanza”, ma gli episodi migliori di Primo e Squarta, nei rispettivi percorsi, sono come coppia, (“Radio Bomboclat”, you know what I mean?) un incredibile duo esattamente come Kobe Bryant e Shaquille O’Neal più Robert Horry, un 2+1 insomma.
A domani con la seconda puntata!