Big Pharma e psichedelici: tutti i rischi di un bad trip
Sull’onda di Dopesick, la mini-serie che ha raccontato parte della terribile epidemia da oppioidi che ha travolto gli Stati Uniti, l’autorevole quotidiano The Guardian si è chiesto se con la nuova medicina psichedelica non si rischi la stessa deriva. Una provocatoria analogia che abbiamo deciso di approfondire
C’è una serie molto ben fatta che racconta la crisi degli oppioidi negli States e che in Italia si può vedere su Disney+. Si chiama Dopesick ed è grazie a lei se anche dalle nostre parti si è tornato a parlare di OxyContin, un antidolorifico oppioide i cui sintomi di astinenza sono stati paragonati a quelli dell’eroina. L’Ossicodone, sintetizzato in Germania nel 1916, a partire dagli anni Novanta è stato al centro di una manovra speculativa che ha sdoganato una sua eccessiva prescrizione grazie alla connivenza di case farmaceutiche, politici e medici, con danni umani e sociali terrificanti.
Oggi negli Stati Uniti la morte per overdose da oppioidi, in particolare da Ossicodone e da Fentanyl, un analgesico 80-100 volte più potente della morfina e 25-40 volte più forte dell’eroina, è al quinto posto nella classifica delle morti prevenibili dopo malattie cardiovascolari, tumori e malattie respiratorie croniche. In Italia quest’epidemia non ha ancora assunto toni così spaventosi; tuttavia, da noi la prescrizione di oppioidi è stata resa più semplice solo dal 2010 e il rischio resta plausibile.
SOSTANZE PSICHEDELICHE ED EFFETTI COLLATERALI
Di recente il quotidiano britannico The Guardian è partito da Dopesick per proporre una provocatoria analogia fra la crisi degli oppioidi e il cosiddetto rinascimento psichedelico. Con il termine “rinascimento psichedelico” ci si riferisce alla recente riabilitazione di queste sostanze a livello sanitario, culturale e giuridico, in particolare in Nord America dove uno numero di stati sempre maggiore – Canada incluso – stanno sperimentando la depenalizzazione dell’uso di alcune sostanze psichedeliche.
L’allentamento della morsa proibizionista si deve principalmente all’ormai evidente potenziale terapeutico dell’esperienza psichedelica. L’origine di questo fenomeno ha prodotto inizialmente una grande entusiasmo generale, sulla cui onda gli autori dell’articolo del Guardian si domandano: non si sta forse sottovalutando il potere di queste sostanze pensandole come le “nuove” sostanze in voga, esattamente come accaduto con l’OxyContin?
Evidentemente, considerare farmaci le sostanze psichedeliche ha risvegliato l’interesse dei grandi investitori. Su una serie di articoli pubblicati sulla testata online Psymposia si trovano esempi di miliardari decisi a investire nella nascente industria farmaceutica psichedelica che stanno contemporaneamente investendo capitale sull’estrazione di litio e manganese, un’attività che può portare seri problemi alle popolazioni locali (inquinamento delle falde, distruzione ambientale, deformazioni delle ossa). L’estrazione di questi minerali è un’operazione essenziale per foraggiare la transizione energetica dai combustibili fossili all’elettrico. Allo stesso modo i ricchi investitori considerano gli psichedelici come i materiali che permetteranno la transizione sanitaria, in particolare risolvendo problemi quali la depressione (prima causa di disabilità al mondo, con tendenze di crescita spaventose) e le dipendenze (così in aumento da essere considerate “la seconda epidemia”).
Idealizzare gli psichedelici come pillole magiche in grado di risolvere i problemi del tardo-capitalismo è come cercare di nascondere l’elefante nella stanza: sono le dinamiche stesse di questo sistema (iper-competitività, precarietà, sfruttamento ambientale, intensificazione delle disuguaglianze e perdita di molti diritti sociali) alla base di quei disturbi che si vorrebbero risolvere con le terapie psichedeliche. Non sarà forse che, distratti dalla caleidoscopia psichedelica, stiamo perdendo di vista il punto fondamentale alla base di questa crisi sanitaria e ambientale, cioè la necessità di proporre obiettivi sociali e stili di vita che non mirino esclusivamente al puro profitto?
La Food and Drug Administration (FDA) ha deciso di approvare entro il 2023 l’uso di MDMA e psilocibina per la terapia rispettivamente del disturbo post-traumatico da stress e della depressione resistente ai trattamenti tradizionali. Questo ha prodotto perplessità in diversi influenti ricercatori non perché gli psichedelici non abbiano effettivamente potenziali terapeutici (anche su altre patologie, quali traumi cranici, anoressia e fibromialgia) ma perché mancano ancora ricerche (che andrebbero spronate e non ostacolate) in grado di comprendere meglio queste sostanze, in particolare gli effetti collaterali e a lungo termine che possono avere su persone fragili e malate.
LA CORSA ALL’ORO PSICHEDELICO
La storia dell’OxyContin ha dimostrato che il miraggio di grandi profitti ottenibili attraverso dei farmaci può portare a una prescrizione eccessiva, all’invenzione di categorie diagnostiche ad hoc, alla disinformazione dei pazienti e a un gonfiamento dei prezzi. Infatti, sebbene molte organizzazioni che si occupano di psichedelia siano non profit, iniziano ad abbondare anche quelle orientate alla speculazione economica. Un esempio: nel 2020 l’azienda Compass Pathways ha preteso un brevetto sulle circostanze in cui una seduta con psilocibina dovrebbe avvenire (luce soffusa, sound-system, terapeuta esperto e supportivo): ovvietà per ogni terapeuta esperto. La conseguenza di questa condotta potrebbe essere la forte penalizzazione sia dei terapeuti sia dei fornitori interessati a esercitare senza foraggiare monopolistiche lobby della salute mentale.
Insomma, quello che aleggia è la possibilità che questa rinascita psichedelica si trasformi in una nuova trovata narco-capitalista. Il narco-capitalismo è il concetto, approfondito dal filosofo Laurent De Sutter, che definisce un sistema che ha inglobato la chimica nella gestione dei sentimenti e delle debolezze umane in quanto ostacoli alla crescita capitalistica: una Prozac Nation che promette pillole magiche per produrre un esercito di persone senza più sensibilità, mentre le tasche dei magnati della farmaceutica si gonfiano.
È bene ricordare, però, che gli psichedelici non sono né SSRI – classici antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina – né farmaci oppioidi. Gli psichedelici intensificano invece di anestetizzare. Inoltre l’effetto soggettivo indotto da questo tipo di sostanze dipende fortemente dal contesto, motivo per cui è importante che la rinascente cultura psichedelica sia portatrice di un’etica non oppressiva verso l’ecosistema che ci sostiene, quindi necessariamente fuori dalle logiche del profitto fine a se stesso e del turbo-capitalismo estrattivo.
Inoltre è necessario tenere a mente che la depressione da cui queste sostanze possono guarire è in larga parte dovuta a un sistema che rende vano l’immaginare qualsiasi alternativa che non porti all’esaurimento nervoso e all’autodistruzione. La ricerca sugli psichedelici può aiutare a riaccendere l’immaginazione e contribuire alla trasformazione della società, ma per farlo devono trovare una comunità disposta a mettere in discussione vecchie logiche oppressive e patogeniche.
A cura di Tiziano Canello
Laureato in Scienze del Corpo e della Mente all’Università di Torino, collabora con il network Psy*Co*Re ed è parte del collettivo antiproibizionista Marijtuana