Best USA Rap Albums 2015
il 2015 ha letteralmente spazzato via il 2014. Un anno pazzesco per l’Hip Hop: i migliori rap-artists del panorama hanno alzato l’asticella pubblicando dei lavori eccellenti dal punto di vista qualitativo, sono arrivati dischi d’esordio stellari, ritorni trionfanti e dischi attesissimi che non hanno deluso. Basta leggere i nomi di degli artefici di alcune uscite per farsi un’idea: Drake, ASAP Rocky, Action Bronson, Meek Mill, Joey Badass, Kendrick Lamar, Earl Sweatshirt, The Game, Jay Rock, Tyler the Creator, Travis Scott, Fashawn, Yelawolf e molti altri. La scelta non manca e come è giusto che sia è doveroso segnalare quei dischi che ci hanno fatto letteralmente impazzire durante l’anno, che per un motivo o per l’altro sono destinati a durare a lungo nelle nostre playlist e librerie musicali. Prima però di svelare le scelte della redazione, tre special mentions per degli artisti che hanno lasciato a modo loro il segno in questo 2015 – dischi che (attenzione) non hanno le caratteristiche per competere nella top5 ma che per peculiarità particolari meritano considerazione.
3. BODEGA BAMZ – Sidewalk Exec
Possiamo amare il filone più conscious del rap mondiale e le camicie boscaiole, ma non possiamo mentire a noi stessi. Ogni tanto dobbiamo lasciarci andare in tamarrate dorate o il nostro cuore ne risente. E allora abbiamo bisogno di Nathaniel DeLa Rosa aka Bodega Bamz from Spanish (East) Harlem. Il rapper newyorkese, che ha bollente sangue dominicano e portoricano nelle vene, ha sfornato musica con grande costanza negli ultimi anni dimostrando come New York, sia ancora fulcro di una scena molto legata all’impatto dell’underground e dei nuovi talenti. Sidewalk Exec è un LP che sguazza nella più tipica boom-bap era di New York rinfrescato dalle strumentali di V Don from Harlem (che ha collaborato tra l’altro con A$AP Rocky e Game). Se “Raw Deal” è un eccezionale storytelling, pezzi come “El Rey” dimostrano quanto Bamz tenga al bagaglio socio-culturale con cui è cresciuto e mettono in luce tutta la sua abilità nella delivery saltando da una lingua all’altra. New York coi suoi quartieri ha partorito nomi fenomenali (Nas, Big L, The Notorious B.I.G., A Tribe Called Quest, Talib Kweli solo per citarne alcuni) e con Sidewalk Exec Bodega Bamz ha sicuramente mantenuto alto l’onore della grande mela dimostrando di essere una delle voci emergenti più interessanti dell’anno.
2. MADLIB, M.E.D & BLU – Bad Neighbor
L’anno scorso Madlib aveva regalato grandissime cose collaborando con Freddie Gibbs in Piñata, disco che abbiamo messo al primo posto della top5 del 2014. La magia nel 2015 non si è ripetuta, ma Bad Neighbor è un progetto di estrema qualità in cui assieme ai rappers M.E.D. & Blu (il trio nel 2013 aveva pubblicato The Burgundy Ep) difficilmente fa storcere il naso. Il mood settato dal produttore californiano è il solito, morbidezza imbevuta nell’amato psycho-funk in cui Blu (quasi ai livelli di Below the Heavens) e M.E.D. trovano habitat naturale. In “Knock Knock” troviamo pure DOOM, in “Drive In” compare Aloe Blacc mentre in “Finer Things” (l’espressione migliore del disco) è Phonte (from The Foreign Exchange) a dire la sua al microfono. Bad Neighbor è un disco uscito quasi a fari spenti, senza troppe pretese o il peso di una riconferma da dimostrare e forse è proprio questa leggerezza d’intenti che lo rende così piacevole.
1. VINCE STAPLES – Summertime ‘06
“Summertime 06”, primo album ufficiale di Vince Staples e salto qualitativo definitivo dopo il clamoroso EP Hell Can Wait, è uscito lo scorso giugno in due CD dall’atmosfera snervante ed elettrica che hanno stabilizzato la figura di Staples come una delle nuove voci più forti del settore. Un disco dove il bianco e il nero lottano costantemente, dove si scontrano ricchezza e inuguaglianza e che si riassume perfettamente nelle parole di Jayson Greene (Pitchfork): “breathtakingly focused, a marathon that feels like a sprint” – straordinariamente concentrato, una maratona che si presenta come fosse uno scatto. Motivi principali? Qui, qui e qui. A 23 anni Staples ottiene una A dal the A.V. Club, 4½ mics da The Source, e un Best New Music designation da Pitchfork. Performa ai BET Hip Hop Awards, al The Tonight Show Starring Jimmy Fallon e al Jimmy Kimmel Live!, mentre XXL lo inserisce nell’annuale Freshman Class List. Un personaggio carismatico e assolutamente da seguire – cosa che forse non potremo fare ancora per molto (qui il motivo) ma ciò non toglie che Summertime 06 sia uno dei dischi più sorprendenti dell’anno.
2015 BEST USA RAP ALBUMS – TOP 5
5. GHOSTFACE KILLAH & BADBADNOTGOOD – Sour Soul
Back in black, it’s your local superhero from the hood/ Ironman Starks got the good/ Not that good good like Snoop/ I bulletproofed the coupe/ Polished up the suit and gathered the troops.
“Sour Soul” ha fatto la sua comparsa verso la fine di Febbraio. Due sono i motivi principali per cui è un disco che merita menzione nella top 5 del 2015. Il primo è Ghostface Killah – 45 anni, con giusto qualche disco alle spalle (sarcasmo eh, per i Sheldon Cooper là fuori) ha assunto ormai nell’immaginario comune la veste di somma entità aurea del rap. Il problema (e la fortuna) è che di spirituale ha ben poco per ora e questa bestia scatenata rapperebbe bene pure accompagnato da un mestolo picchiato fuori tempo su una pentola. Il secondo è BADBADNOTGOOD – aka Matthew Tavares alle tastiere e synth, Chester Hansen al basso e Alexander Sowinski alle percussioni – from Canada with love, il trio di Toronto ha attirato l’attenzione con reinterpretazioni jazz di pezzi Hip Hop per poi collaborare con Tyler, the Creator, Frank Ocean e Earl Sweatshirt. “Sour Soul” fonde la strumentale old school nel più tipico sound jazz-funk, creando un binomio che in passato ha già regalato emozioni purissime grazie a Jazzmatazz – capolavoro di Guru con Carleen Anderson, Roy Ayers, Donald Byrd e molti altri. Mescolate il flow cazzutissimo di Ghost alla smokey atmosfera di un bar di New Orleans e avrete un discone che trova le sue migliori espressioni in Ray Gun (feat. DOOM), Gunshowers e Tone’s Rap. Alchimia convincente e piacevole che per purezza di elaborazione non può restare fuori dai migliori prodotti del 2015.
4. DR. DRE – Compton: A Soundtrack By Dr. Dre
Alla fine a chiudere il cerchio iniziato dalle (ormai) pietre miliari di The Chronic e continuato dalle bombe di 2001 non è arrivato Detox, progetto paralizzato nella mente di Dre a causa dei contorni mistici che il disco ha assunto nel tempo e diventato prigioniero del perfezionismo stesso di Andrew Young. Detox è rimasto un nome, il Godot forse più atteso dell’Hip Hop statunitense che ha però ufficializzato una volta per tutte la sua dipartita con l’arrivo di Compton: a Soundtrack by Dre. Giustamente diremo, perché cambiare direzione era l’unica via di fuga. Compton ha accompagnato e introdotto l’uscita del biopic Straight Outta Compton dedicato agli N.W.A, ispirandosi al film ma senza esserne la colonna sonora.
L’Hip Hop si è evoluto con e attorno alla figura di Dre per decenni, un personaggio che ha giocato un ruolo essenziale nel rinnovamento della fine dei ’90 grazie ad un cannibalismo tecnico e un’ambizione senza precedenti. Musicalmente Compton mette in luce ancora di più l’appetito insaziabile di Dre per tutto ciò che è suono e sperimentazione. Giusto due esempi: One Shot One Kill contiene un sample della band milanese Calibro 35, mentre Issues campiona il riff di Ince Ince – brano turco composto da Selda Bagcan (che tra l’altro in passato aveva creato qualche problemino a Mos Def a causa dello stesso sample). Compton è complessivamente un disco che non stanca, pieno zeppo di dope tracks e di collaborazioni stellate come Kendrick Lamar, Ice Cube, Snoop Dogg, Eminem, BJ The Chicago Kid, Xzibit. Un disco che forse non è mozzafiato, ma che eccelle in tutto e che nella consapevolezza un po’ malinconica di essere una sorta di chiusura finale, mostra una quadratura complessiva senza pari espressa dalle inconfondibili forme senza tempo del vibe di Dre.
3. PUSHA T – King Push – Darkest Before Dawn: the Prelude
Pusha T ha pensato di sganciare una bomba clamorosa proprio alla fine di questo 2015 e King Push – Darkest Before Dawn: the Prelude gli ha permesso di riprendersi il giusto posto nell’elite dei rapper liricamente più dotati e influenti del panorama mondiale. Pusha T ci aveva letteralmente stregato con il carisma inesorabile di Nosetalgia e ditemi se ancora non muovete la testa incondizionatamente quando la riproduzione casuale vi passa quella pazzia senza sosta di Numbers on the Boards. Dopo gli alti e bassi, comunque degni di nota, di My Name is My Name, ascolteremo a lungo e senza sosta questo Darkest Before Dawn, concepito come una sorta di teaser prima che nel 2016 attraverso il vero (e ora per forza di cose attesissimo) King Push, Pusha possa sprigionare tutta la sua essenza. Sono pochi i dischi del 2015 che riescono a vantare lo stesso peso specifico e grazie a Puff Daddy, J. Cole, Kanye, Timbaland e Q-Tip – solo alcuni dei responsabili delle atmosfere sonore di DBD – Il soundscape dell’intero progetto è assolutamente fenomenale. Il rischio per Pusha T è solamente uno, ossia quello di aver generato, con un prodotto così finemente lavorato, troppo hype nei confronti dell’upcoming King Push. Per ora ce ne possiamo fregare e continuare a pompare questo mega preludio come caldissimo sottofondo di queste grigie giornate invernali.
2. JOEY BADASS – B4.DA.$$
Before the money, there was love. But before the money, it was tough
Then came the money through a plug. It’s a shame this ain’t enough
Altro disco che ha visto la luce all’inizio dell’anno e che ha resistito inossidabile finora, guadagnandosi la medaglia d’argento per il 2015. B4.DA.$$ è il sogno ad occhi aperti che non conosce pause di un ragazzo del ’95, che mai avrebbe pensato di farcela e si è ritrovato a rappare come un veterano sulla strumentale che Premier gli ha cucito addosso in Paper Trails. La sensazione condivisa ascoltando l’album (ok, forse si esagera ma alzi la mano chi non ci ha pensato) è quella di rivivere le vibrazioni atmosferiche di un nuovo Illmatic – si fa riferimento a pezzi come “Big Dusty”, “Piece of Mind” e “Hazeus View” che seguono proprio Paper Trails prima di farci fare un tuffo carpiato nel boom bap classico dei ’90 con Like Me (feat. BJ the Chicago Kid). L’Hip Hop (as a movement) ha ormai i suoi anni ed è così radicato da essere in grado di produrre nostalgie consolidate nei confronti di determinati momenti, suoni ed espressioni. Joey Bada$$ ha immerso il suo stile negli spunti più brillanti della golden age, grazie anche a strumentali che prediligono il campionamento di strumentazioni live rispetto alle programmazioni elettroniche più moderne. B4.DA.$$ è un visore virtuale di realtà passate, riportate in vita da un ragazzino all’inizio dei suoi vent’anni. B4.DA.$$ è il bello dell’Hip Hop. Conferma (dopo Summer Knights del 2013) e rivelazione.
1.KENDRICK LAMAR – To Pimp a Butterfly
Chi se non Kendrick Lamar. To Pimp a Butterfly è diventato una sorta di black national anthem in cui tutta la forza artistica e comunicativa del rapper icona indiscussa degli ultimi 3 anni si sprigiona inarrestabile. Alright, U, I, How Much a Dollar Cost, The Blacker The Berry, These Walls, King Kunta, il confronto con lo spirito di 2Pac in Mortal Man, Momma, Hood Politics, Complexion, Institutionalized. Tutto perfetto, tutto pesato e impeccabile in un magico insieme in cui anche solo un interlude come For Free acquista ad ogni ascolto maggiore importanza. Kendrick Lamar è andato oltre, perché To Pimp a Butterfly ha sfondato la porticina della nostra concezione di Hip Hop distruggendola a colpi di funk, jazz, soul con quella che a livello musicale costituisce una vera e propria enciclopedia del black sound, rinchiusa nelle strumentali e nelle criptiche strofe di tutte le 16 tracks. Kendrick ha creato una creatura leggendaria, che ha in una mano il sapere del passato e nell’altra il nostro contemporaneo bisogno di punti di riferimento. To Pimp a Butterfly è il risorgimento di una coscienza condivisa che si trova a fare i conti con un mondo che odia e crea differenze, un disco di pancia e sentimenti, che emoziona, fa pensare e ballare e che riesce in una cosa difficilissima: dettare un nuovo standard senza cadere nei preconcetti stereotipati più facili del rapgame. Kendrick Lamar è là in alto e TPAB è uno spartiacque culturale che finiremo di capire tra anni. To Pimp a Butterfly è ASSOLUTO. Disco dell’anno e non ci sono proprio dubbi.