Best Rap Verses 2015
Come si confeziona una strofa potente e quali sono le caratteristiche che ne sanciscono la riuscita? Flow, content e delivery ne costituiscono la spina dorsale, ancor di più la capacità di canalizzare in pochi minuti l’intensità e il pieno significato del proprio discorso. Sensazioni che sommate costituiscono una strofa di grande livello, che ha più possibilità di un’altra, manchevole di una sola di queste caratteristiche, di venire ricordata nei mesi e negli anni a venire.
Negli States, secondo la rituale classifica di Compex, è stato Kendrick Lamar a cannibalizzare la charts sulle Best Rap Verses del 2015. “Hood Politics” e “The Blacker The Berry” hanno tirato all’estremo la forza artistica e comunicativa di K-Dot, ben accompagnato dal redivivo Lupe Fiasco di “Mural“, dal solito Ghostface Killah di “Ray Gun” e poi da Vince Staples, Earl Sweatshirt e A$AP Rocky. E se oltreoceano è acclarato il senso di maturità e consapevolezza accumulato dagli mc’s, probabilmente gli artisti americani più influenti del 2015, anche dalle nostre parti si può festeggiare la crescita di un movimento sempre più autonomo e ultimamente molto versatile.
Quale sarà, dunque, la strofa italiana che prenderà lo scettro dalle mani di MezzoSangue (Soliloquio, 2013) e di Lord Bean (L’Ultima Scena, 2014)? Per la Top 5 basta aspettare un po’, ma nel frattempo riscaldiamo l’atmosfera con tre menzioni speciali, ad un passo dalle strofe-regine del 2015. Are you ready?
KRIN183 (DSA Commando) – Speedgasm
Non ho bandiere, né stemmi né stratagemmi
Ho scarichi aperti, apro la terza sperando che si impenni
Fanculo al mito americano, le frange da indiano, sei anziano
Comprati un T-max, ciabatte e asciugamano
Il primo estratto del nuovo disco dei DSA Commando fu il brano-solo di Krin183, nel periodo in cui gli affezionati al team di Savona stavano ancora somatizzando l’abbandono di Heskarioth al rap. “Speedgasm” è il manifesto più puro dell’indole hardcore del Commando, con liriche che coagulano antagonismo più anarchia e accendono il turbo sui rullanti sanguinanti di Sunday (tra le special mentions del Best Beats 2015). “Sputo“, in generale, fa scuola per quanto gli mc’s savonesi aggrediscano i beats, e questo ne è l’esempio più fulgido.
LOUIS DEE – Inferno
La vita è un inferno, impara
Siamo solo cani in questa strada
Qui chi sbaglia muore e chi non sbaglia paga
Del tuo paradiso a noi fotte nada
Sono due terzi del team Killa Soul, compagni da una vita e insieme hanno dato vita a “Sto Bene all’Inferno“, il primo disco ufficiale a firma Louis Dee totalmente prodotto dal fido compare Big Joe. Il classico esempio di straordinaria empatia tra rapper e producer è palpabile nella track che traina l’album, dove si materializza quell’inferno che ha plasmato i due – che si armano di rivalsa e rispondono con un beat dal retrogusto West e con l’attitude e il mega-flow riconosciuti a Louis. Bomba, e potete pomparla anche senza Mustang Ford.
PEPITO RELLA – Ultimatum
Do sassate allo stereo, radio stereo intifada
La stampa del mio clan, tipo serigrafata
La musica che sento è un po’ stereotipata
Se vuoi provare la mia attitudine spero ti vada
Parte integrante di una dei team emergenti più interessanti del panorama milanese, ha vinto il contest Join the Crew ed è fuori con un disco in free download per Machete. Di sicuro lui, Pepito Rella, non è per nulla uno stereotipo della new school rap italiana ed è venuto fuori con il carisma dei veterani – distruggendo la title-track del suo primo progetto con la delivery più giusta. Senza tecnicismi o arzigogoli fini a se stessi: Pepito è così, prendere o lasciare.
BEST RAP VERSES 2015 – TOP 5
5. NITRO – Pleasantville
Combattere per meritarti
Abbattere i giudizi nei miei riguardi
Ma siamo due sassi lanciati tornati diamanti
Due cuori spezzati coi lati combacianti
Due dischi in due anni non hanno scalfito l’urgenza comunicativa di uno dei pochissimi enfant prodige del rap italiano. Nitro è tornato quest’anno con “Suicidol” e ha confermato uno stile di scrittura peculiare, imbevuto costantemente di consonanze, allitterazioni e chiasmi. “Pleasantville” è l’episodio più denso del blocco e il tema, apparentemente banale, è filtrato dalla sofferenza di chi ha scritto “Margot” e ha perseguito su quel solco. “Per stare cosi stabile quando sono il più fragile scrivo di lacrime amare per amare le lacrime” – beh!
4. WILLIE PEYOTE – Etichette
Foto di Rosy Dennetta
A me etichette ne han sempre messe parecchie
Adolescente, arrabbiato, ribelle, depresso e poi rapper
E a te quante ne han messe? Quante vuoi che ne mettano?
Siamo tutti il riflesso di ciò che gli altri proiettano
Quello di Willie Peyote è un ritratto sociale che sfocia nell’introspezione per poi tornare al punto di partenza come per rincorrersi. Non pretende di salire in cattedra a dettare lezioni di vita, piuttosto fa da “specchio” raccontandone sinceramente una parte. Buona performance sotto il punto di vista tecnico: le accelerazioni prese sul beat non scadono banalmente in flow-cantilene, tutt’altro ne rafforzano il senso ponendo gli accenti giusti nell’interpretazione. Imporre una morale è un atto necessario?
3. KAOS – Distanze
Lo sguardo uniformato alla statura
È la gara al più bastardo che perdo senza paura.
“Paura” di non averne mai abbastanza
È la misura più sicura per tenervi a distanza
Il Don è tornato con un inaspettato coup de théâtre e al terzo annuncio – manifesto o velato che fosse – si appresta al ritiro dal rap, non prima di aver completato la sua missione. Qui prende fieramente le “Distanze” dal mondo di papponi e puttane che ha annusato il soldo facile e prova a banchettare sul rap come un branco di cani. Ora che vede la fine del tragitto Kaos si libera delle ultime remore, non senza il bagno d’umiltà tipico dei grandissimi – non ho mai contato niente per la gente che conta – salutando con fierezza quel genere che non potrà più fare tesoro di un fuoriclasse come lui.
2. MARRACASH – Vendetta
Io so che il mondo non si cambia, si governa
Vogliamo somigliare a quelli a cui sputiamo merda
Ci danno in pasto nuovi vizi, nuova merda
E noi ce li prendiamo tutti come l’influenza
Il capo di Roccia Music è fuori con un disco di grande spessore, in cui fuoriesce per impatto devastante la sua “Vendetta” aka 5,20 minuti di verve sincera e multilaterale, il classico brano che vale il prezzo del disco – e che finora è l’episodio più convincente della discografia di Marracash. Un pezzo che si svincola dagli standard etici pre-imposti nella società, nella morale comune e nella musica stessa e li rivolta con l’unica soluzione possibile: la vendetta. Anno magico per Marra questo 2015, chiuso da un’altra bomba: “Catatonica“.
1. CLAVER GOLD – Nazario
Corri Nazario, dove ogni finta è un ricamo
Dove ogni rete è seguita dal volo di un aeroplano
Ora il Paese è lontano, forse ne senti il richiamo
Adesso il sole non filtra dalla nebbia di questa Milano
Chi mai ha osato scippare lo scettro dalle sicure mani di Marracash, più o meno inarrivabile nella sua “Vendetta“? Solo una strofa da pelle d’oca, uno scritto empatico e immaginifico che rimanda tutti noi ai tempi in cui, da ragazzini, sognavamo un futuro in calzoncini e scarpette. “Nazario” è storytelling senza pari, dove il rap incontra il calcio in una delle sue figure più dominanti di sempre: il Ronaldo prima interista poi milanista, talento purissimo quanto fragile, dalle favelas al tetto del mondo. Claver Gold è super nel tratteggiare i contorni di una storia fantastica, con un’interpretazione da finale dei Mondiali: strofa dell’anno, di un grande anno: mica male.