Best Italian Album 2014: La top 5 dei migliori dischi italiani dell'anno
Si chiude il 2014, un anno che per il rap italiano ha segnato una sostanziale battuta di arresto dopo il boom delle scorse stagioni discografiche. L’hip hop ha continuato ad entrare in classifica e a ricevere riconoscimenti numerici – si vedano i dischi d’oro consegnati a Gemitaiz e MadMan per “Kepler”, a Rocco Hunt per “A’ Verità”, ai Club Dogo per “Non siamo più quelli di Mi fist” e a Fedez per “Pop-Hoolista” – ma a mancare è stato l’atteso salto di qualità del genere, che tuttora accoglie grandi consensi solo con dischi chiaramente orientati ad un ascolto meno esigente.
Alcuni progetti annunciati non hanno invece preso forma, e toccherà aspettare qualche mese per il primo album ufficiale di MezzoSangue, per gli annunciati “Status” di Marracash, “Laska” di Mecna, e del nuovo Colle der Fomento. Insomma, la sensazione che lascia quest’anno appena concluso è di essere stato inferiore alle aspettative: non tanti i dischi degni di nota, poche le potenziali stelle emerse dal panorama underground, ridotte al minimo le sorprese positive. Nonostante ciò, sopravvive un cuore pulsante di artisti che producono hip hop di qualità che non scimmiotta tendenze d’oltreoceano e punta al messaggio, piuttosto che ad un mero fine estetico.
Prima di entrare nella classifica vera e propria è giusto però dare spazio a 3 sorprese, giovani rappers che hanno colpito il panorama italiano con i loro progetti:
CLAVER GOLD – “Mr.Nessuno“
Uscito proprio mentre stavamo scambiando gli auguri per l’avvento del 2014, questo strabiliante disco non ha potuto trovare spazio in alcuna classifica di fine anno – dove avrebbe sbaragliato abilmente la concorrenza del rap posticcio senza spina dorsale. Claver Gold è il cantastorie del buio che accompagna la sua anima, tra sentimenti tortuosi, rabbia e amori incompresi: “Mr.Nessuno” racchiude fame e rabbia, un Tetris in cui versi e strofe si incastrano con un flow spinato e pungente. Hardcore, skills, contenuti: praticamente il top.
FUNK SHUI PROJECT – “Funk Shui Project“
Beat caldi che tratteggiano preziose atmosfere funky e soul legate ad un’anima assolutamente hip hop in ogni singola traccia, in grado di unire sample, scratch, ritornelli cantati e parti suonate. Il tutto impreziosito dalle liriche ciniche di un Willie Peyote addirittura più maturo e in forma che nel proprio disco solista (e non era facile, visto il livello). Un insieme di pezzi unici per la capacità di offrire spunti di riflessione e allo stesso tempo divertire su una ricerca sonora assolutamente unica per un disco completamente indipendente. L’album dei Funk Shui Project è un prodotto pieno, che traccia un solco importante in un annata tutto sommato piuttosto priva di “particolarità”, e che li proietta come potenziali stelle luminosissime in una galassia di nane bianche.
BARILE + GHEESA – “Terzo Tempo“
Once again, la Sicilia è prepotentemente sulla mappa dell’hip hop italiano, e stavolta nomi (più o meno) nuovi ripercorrono le orme dei precursori con uno zainetto pieno di stile e talento. Barile e Gheesa arrivano da Trapani, riuscendo ad emergere dalla provincia isolana con il linguaggio internazionale del boom bap e del classic taste: il suono dei due è il giusto compromesso tra la Detroit degli anni ’90 e gli input più freschi, mentre al rap non si lascia spazio ad arzigogoli tecnici e si bada al sodo. Kiave, Turi e Medda su un disco breve ma fottutamente intenso. Classic Hip Hop.
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Cinque album su tutti, in questo 2014:
5) MURUBUTU – GLI AMMUTINATI DEL BOUNCIN’/OVVERO MIRABOLANTI AVVENTURE DI UOMINI E MARI
Un titolo tanto complesso quanto lo schema lirico intessuto da Murubutu, rapper nei ritagli di tempo ricavati dal suo mestiere di Professore. Le sue mirabolanti avventure si servono delle onde della bellezza e del mistero per ricreare le più classiche metafore dell’esistenza: storytelling purissimo, pesato con meticolosità e sciorinato con un carico mai banale di chiasmi, incastri ed assonanze. Hip hop didattico e narrativo: un po’ troppo per l’ascoltatore medio?
ASCOLTA: “Gli ammutinati del Bouncin’ / Ovvero mirabolanti avventure di uomini e mari” – Murubutu
4) GHEMON – ORCHIDEE
Ambizione e caparbietà: “ORCHIdee” di Ghemon è il frutto maturo di un percorso avviato anni fa, grazie ad un approccio di chiara matrice soulful. Questo disco segna il passaggio più coerente e meno traumatico possibile verso la nuova veste: un team di musicisti di prim’ordine lo ha accompagnato in un viaggio in cui rap e canto si stringono la mano tra morbide atmosfere – con un taglio estremamente personale. Ghemon canta, tanto e discretamente bene, ma forse sceglie di semplificare il suo rap con liriche meno complesse di quanto ci ha abituato finora.
ASCOLTA: “ORCHIdee” – Ghemon
3) MACHETE MIXTAPE VOL.III
Un mixtape del Machete Empire è sempre qualcosa su cui soffermarsi: decine di strumentali inedite, ospiti di spessore, la sicurezza del self-made unita alla capacità di legare l’hip hop alle contaminazioni pescate dal metal, dal rock e dall’universo skate. In pratica, la bellezza di un concept nuovo. Il capo-machetero Salmo guida tutti col suo cinismo creativo e comunicativo, seguito a ruota da uno strepitoso Jack the Smoker: il suono è moderno, ma ben orientato al boom bap classico, e tra i tanti spiccano nuovi producers degni di nota – vedasi Yazee, tra gli altri. Leggermente sottotono rispetto ai precedenti, ma è certo che il rap italiano sia in mano a questi ragazzi.
ASCOLTA: “Machete Mixtape vol.III” – Machete Empire
2) KENTO & THE VOODOO BROTHERS – RADICI
Un album di Kento vuol dire un lavoro mai banale, la summa di una ricerca musicale, stilistica e culturale che viene perseguita dagli albori. Il rapper calabrese sceglie anch’egli un ensemble di musicisti, per l’occasione rinominati The Voodoo Brothers, e con loro dà vita ad un disco coraggioso: Il coraggio di prendere una posizione netta; Il coraggio di schierarsi dalla parte degli sconfitti, dei migranti e dei bastardi. Il coraggio di dare vita ad un disco nuovo, che ponga sul gradino più alto delle priorità quello di avere un senso e un concetto intensi e spiccati. Un lavoro “che pesa una tonnellata” in un complesso sagace, di uno spessore raro.
ASCOLTA: “Radici” – Kento & The Voodoo Brothers
1) THE NIGHT SKINNY – ZERO KILLS
O.K., Zero Kills è il disco che consacra The Night Skinny al rango di producer più influente d’Italia. Gran parte della migliore scena italiana degli ultimi periodi raccolta dall’artista molisano in un progetto completo e coerente, che sa muoversi abilmente tra suoni di ampio respiro, senza scadere nella banale elettronica o nella dance da cassa dritta. Un disco sapientemente urban, che si serve dello straordinario talento di Pat Cosmo dei Casino Royale per unire le sfumature viscerali del soul con gli impulsi più pop. “Resta vivo” il brano più radio-friendly di un album che riesce a riunire sulla stessa traccia anche Lord Bean e Colle der Fomento.
ASCOLTA: “Zero Kills” – The Night Skinny
RIPERCORRI CON NOI TUTTE LE CHARTS DI FINE ANNO:
BEST ITALIAN BEATS 2014: LE MIGLIORI CINQUE STRUMENTALI
BEST ITALIAN RAP VERSES 2014: LE MIGLIORI CINQUE STROFE
BEST USA ALBUM 2014: I MIGLIORI CINQUE ALBUM AMERICANI
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A cura di Nicola Pirozzi