Beldia: la pianta di cannabis tradizionale del Marocco
Una varietà sativa perfetta e resistente per la terra arida delle montagne del Rif, da cui si produce l’hashish tipico marocchino
La storia dell’hashish è lunga e si muove nel tempo tra i paesi dell’Asia, dal Nepal al Medio Oriente, fino ad arrivare in Africa dove avrà un impatto sociale ed economico di lunga durata. Se negli anni ‘80 o ‘90 in Europa era facile trovare hashish proveniente da paesi diversi, negli ultimi 20 anni è il Marocco a imporsi come maggiore produttore ed esportatore di hashish nel mondo.
I pochi libri che si trovano sulla storia della cannabis nel Magreb ci dicono che già nel VII secolo d.C. varie tribù arabe iniziarono a coltivare cannabis nella zona montuosa del Rif, che va da Capo Spartel fino al confine con l’Algeria e dove tutt’oggi si produce la maggior parte dell’hashish che fumiamo.
Il Rif è una regione del nord del Marocco, tradizionalmente isolata e sottosviluppata, popolata da tribù berbere che trovarono nella cannabis l’unica forma di agricoltura possibile in una zona con un clima e un terreno difficili.
Infatti anche se la coltivazione di cannabis è sempre stata illegale in Marocco, la popolazione contadina del Rif ha lottato non poco per difendere l’unica forma di sostentamento per sopravvivere tra le montagne. Dalle severe leggi contro il commercio di cannabis emesse dal sultano alla fine del 1800 al violento scontro per l’indipendenza contro l’occupazione spagnola, che culminò nella guerra del Rif (1911-1926), fino ai giorni nostri, i rifiani non hanno mai smesso di difendere le montagne e il diritto a coltivare l’unica pianta che si adatta alla loro terra: la cannabis.
Ma quale varietà cresceva da secoli in quel terreno montuoso e arido?
La varietà autoctona del Marocco è conosciuta con il nome di beldia che vuol dire “del posto”, “della nostra terra”. “Kif beldia”, l’erba del posto. È una varietà sativa, resistente ai parassiti, che non ha bisogno di molta acqua e quindi perfetta per la terra arida di quelle montagne.
Oggi questa varietà è quasi introvabile e anche se, in alcune zone più isolate dove pochi contadini marocchini lavorano all’antica, viene ancora coltivata, è difficile trovare la genetica pura perché negli anni è stata contaminata dall’importazione di semi di cannabis da altri paesi.
La coltivazione della cannabis in Marocco ha come unico scopo la produzione di hashish (fatta eccezione per la produzione di cannabis medica consentita dal 2021) e infatti beldia è anche il nome che viene attribuito all’hashish tipico, tanto amato dai marocchini, soprattutto dagli anziani, ma anche dagli amanti dei sapori old school e dell’effetto leggero.
La natura detta sempre legge e quindi il clima, oltre che il terreno, influisce sulle coltivazioni e di conseguenza sulla qualità di hash beldia prodotto a diversa altitudine. Uno dei beldia più amati è quello della zona di Azilal, tra le montagne ventose dell’Atlas, a 1350 metri dove acquisisce un terpene che ricorda l’albero del cedro e un colore chiaro tendente al giallo, diverso da quello tipico di Amtrass per esempio più secco e rossastro.
Oggi il beldia non viene quasi più prodotto perché i marocchini negli ultimi decenni hanno modificato molto il loro modo di lavorare. In principio erano molto restii alle influenze esterne e all’abbandonare secoli di tradizione, ma di fronte alla qualità e quantità superiore dell’hashish prodotto con semi migliori importati da altri paesi, si sono arresi all’innovazione. E così, da tanti anni ormai, in Marocco non si coltiva più solo beldia, ma si è arrivati a produrre hashish da tantissime varietà, partendo dai semi che portavano i figli dei fiori negli anni ‘70 dai loro viaggi in Asia, passando per gli anni della Critical fino ai semi di seedbank americane o italiane che i marocchini comprano oggi, invece di utilizzare come facevano prima i semi trovati nelle cime del raccolto precedente. Con i nuovi semi è migliorata moltissimo la qualità, grazie a varie innovazioni nella tecnica che vanno dall’uso di sistemi di irrigazione a celle frigorifere in cui fare le estrazioni e che consentono oggi di produrre hashish, ice-o-lator, drysift ecc. di altissima qualità con una vasta proposta di terpeni e texture.
Dalla maglia unica per filtrare la resina con i micron irregolari ad oggi, in Marocco è stata fatta tanta strada, anche se la terra delle montagne del Rif rimane sempre “scontrosa” e non tutte le genetiche si adattano al suo carattere forte.
A cura di Hilde Cinnamon
Grower residente a Barcellona. Ha un cultivo, un’associazione cannabica e una selezione di genetiche più che rispettabile. Instagram: @hilde.cinnamon