AntiproibizionismoAvvocato rulez

15 anni di battaglie legali contro il proibizionismo

L’avvocato Zaina, che collabora con Dolce Vita dal numero zero, ripercorre oltre 15 anni di battaglie portate avanti da avvocato libero contro il proibizionismo

Foto dell'avvocato Zaina presente ad una fiera della canapa italiana

È possibile – in un’occasione come quella del numero 100 di Dolce Vita – voltarsi indietro nel tempo e tentare di ripercorrere con la memoria almeno 15 anni di antiproibizionismo?

Non so se ci riuscirò. 

Soprattutto, non so se eviterò di cadere in stantie mozioni di sentimenti o, in ricordi patetici.

Vale, però, davvero quanto meno la pena provarci perché sono stati anni davvero – quanto meno – intensi.

Il primo ricordo che mi viene alla mente fu l’incontro, nel 2005, con il gruppo degli antiproibizionisti di Roma, di cui era esponente di punta Marco Contini. Fu il primo incontro serio con il mondo della cannabis. Nacque a seguito di una serie di articoli che avevo scritto su due riviste giuridiche online Altalex.com e Diritto.it, in materia di droghe leggere e che suscitarono un lusinghiero interessamento di questa associazione.

IL PROIBIZIONISMO NEI CONFRONTI DEI SEMI DI CANAPA

Ho continuato a collaborare per anni con gli antiproibizionisti ed ho avuto modo di conoscere, così, molti consumatori e molti titolari di growshop (Filippo Vona e Luca Carbonaro solo per citarne alcuni), che si trovavano a fare quotidianamente i conti con la tematica principe dell’epoca, la criminalizzazione del commercio dei semi di canapa.
Sarà questa una guerra che, dopo alcune sanguinose battaglie iniziali perdute, vinceremo definitivamente nel 2017, attraverso due momenti che ricordo con piacere ed orgoglio.

Il primo di questi momenti va collocato nel 2008, quando la Procura di Ferrara diede vita alla grande operazione contro 63 growshop di tutta Italia. Vi furono sequestri, denunce ed anche arresti.

Era un’indagine condotta da una Procura territorialmente incompetente – tanto che la stessa si frammentò in ben 63 autonomi processi in tutta Italia – e che si basava su presupposti erronei, peraltro, male gestiti dalla Cassazione, la quale, annullando una decisione del Tribunale del Riesame di Ferrara, diede già le prime prove di un approccio fattualmente e giuridicamente errato rispetto al mondo della cannabis.

Qualcuno, poi malevolmente (ma senza prove tangibili), sosteneva che un noto politico fosse stato l’ispiratore del blitz, che, successivamente, si concluse con una disfatta per l’accusa.

Finì con 63 tra assoluzioni e archiviazioni, vale a dire tutti gli indagati furono prosciolti e fu anche per me, che ne difendevo 8, una prima bella soddisfazione professionale.

Soprattutto, però, ricordo il contatto e la conoscenza con un mondo per me assolutamente nuovo e con tante persone che valeva veramente la pena di incontrare e con le quali è stato bello e costruttivo condividere una battaglia finita bene e con le quali sono rimasto in contatto.

Il secondo momento fu quello relativo all’arresto e della carcerazione, per 15 giorni, a Sollicciano dei ragazzi di Semitalia su ordine del gip di Bolzano.

Anche in questo caso fu un Tribunale del Riesame – quello di Bolzano, presieduto da un grande magistrato il dott. Mori – che fece giustizia, spazzando via l’ordinanza cautelare e rimettendo in libertà i miei assistiti. Si mossero in tanti per sodalizzare. Ricordo tra tutti, il garante delle carceri per la Toscana, ma anche semplici attivisti che ci fecero sentire forte l’affetto e la vicinanza in un momento in cui pareva che tutto andasse a ramengo.

Devo ricordare che, anche in questo caso, il pm di Bolzano era incompetente per territorio, un vizietto, ahimè, verificatosi troppo spesso.

I due indagati, cui mi sento tuttora assai legato, dopo un’altalena di assoluzioni (dal 2011) ed annullamenti delle stesse, addirittura, tramite una sentenza delle SSUU della Cassazione (del 2012), che, per la sua autorevolezza, pareva essere il trampolino per una condanna definitiva (come qualche Solone aveva pronosticato), furono finalmente assolti dalla Corte di Appello di Firenze nel 2017.

Non otterranno, per discutibili cavilli giuridici, la doverosa indennità per ingiusta detenzione e, comunque, si allontaneranno dal mondo cannabis perché troppo delusi, sia dalla giustizia, sia da coloro che, una volta cessati i primi clamori, fecero calare su di loro il e li dimenticarono, lasciandoli soli.

Una foglia di cannabis con una bilancia sullo sfondo, simbolo di giustizia

LE BATTAGLIE PER LA DEPENALIZZAZIONE DELLA CANNABIS

Un secondo ricordo riguarda le battaglie portate avanti per la depenalizzazione della coltivazione di cannabis. Mi è sembrato in questi anni di essere su di un ottovolante, tanti sono stati gli alti (pochi) ed i bassi (molti).

A fronte di un dato, che si è via via consolidato sul piano giurisprudenziale – con l’assoluzione di un numero sempre maggiore di coltivatori e con la pronunzia n. 12348 di SSUU del 2019, che ha, finalmente, superato altro orientamento del 2008, che non riconosceva la irrilevanza penale della coltivazione domestica – sono rimaste, però, parecchie resistenze.

In primo luogo, la politica (e le associazioni parapolitiche), che ha sempre e solo cercato di cavalcare l’antiproibizionismo per lucrare un serbatoio di voti, senza offrire mai soluzioni concrete ai consumatori perseguitati. Significativa, in secondo luogo, ricollegandosi direttamente al primo punto è l’incapacità dell’attivismo antiproibizionista di esprimere sia un fronte unitario, che un messaggio chiaro e non autoreferenziale.

So di certo che non mi attiro alcuna simpatia (anzi taluni mi hanno fatto sapere indirettamente della loro irritazione) se sostengo che anche l’ultima grande sconfitta referendaria è dipesa, non solo dalla chiusura culturale della Corte Costituzionale, ma anche dal fatto che il movimento antipro si è palesato come una presuntuosa “gioiosa macchina da guerra”, che ha in comune con quella di occhettiana memoria una bruciante sconfitta. È necessario convincersi che certe tematiche non costituiscono pascolo riservato solo per gruppi chiusi, che pretendono di decidere unilateralmente per un movimento molto più ampio e formato anche da importanti professionalità scientifiche e giuridiche (ovviamente escluso chi scrive).

Non ho perso la speranza, ma…

DALLA LEGGE SULLA CANAPA INDUSTRIALE AL PROIBIZIONISMO PER LA CANNABIS LIGHT

Un terzo ricordo è quello della rivoluzione introdotta dalla legge 242/2016 e delle prospettive sorte a seguito di una delle leggi più sgangherate mai promulgate, pur se concepita in buona fede da un legislatore del tutto impreparato e supponente.

Ora siamo in mezzo ad un guado e salvo imprevedibili interventi normativi, continuiamo in una silenziosa battaglia quotidiana nei tribunali, che – al di là di proclami tribunizi ed autoreferenziali di taluno – ha dato, sul medio periodo buone soddisfazioni, atteso l’elevato numero di assoluzioni ed archiviazioni, che dimostrano la infondatezza dei sequestri che inizialmente vengono operati.

Rimane, però, sempre come spada di Damocle, l’evocazione (spesso modaiola) da parte di tutti i magistrati della sentenza SSUU del 2019, la famigerata 30475, anche se pian piano, la stessa viene sempre più esaminata con attenzione e molto più criticamente, venendo, così, demitizzato il valore preclusivo per la commercializzazione della canapa light.

Chiudo con una ultima notazione personale. Il quarto ricordo – permettetemi – riguarda un giovane che conobbi nel 2007. Lo incontrai in un bar nelle vicinanze del Tribunale di Milano. Mi aveva chiesto un incontro per vedere se fosse stato possibile iniziare una consulenza continuativa in materia di cannabis, partecipando ad un suo progetto editoriale.

Mi parve subito un ragazzo ruvido, deciso, dal carattere non facile, non incline al compromesso, ma al contempo mi diede l’idea di avere una visione di insieme molto avanti rispetto a tanti altri.

Confesso che ero un poco scettico sul progetto, perché quel giovane del Cadore era sì un visionario, ma temevo che fosse possibile un buco nell’acqua (ne avevo già sperimentati altri), anche se mi convincevo sempre più che questo non potesse essere l’epilogo per un soggetto così motivato e razionale.

Ciò nonostante, accettai la proposta che egli mi fece, perché – sotto quella ruvida scorza di leale uomo di montagna – percepii una spinta di entusiasmo che mi convinse ad aderire a Dolce Vita. 

Abbiamo avuto scontri dialettici e discussioni, ma dicendoci tutto sempre in faccia, proseguiamo insieme.

Altri 1000 numeri di Dolce Vita, Matteo. 

Una foglia di cannabis e delle manette



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