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Le Barbados vogliono introdurre il reddito di base universale

Il governo delle Barbados ha iniziato a lavorare alla creazione di un reddito di base universale per ridurre al minimo la percentuale di “popolazione impoverita”, migliorando la qualità della vita ed offrendo pari opportunità a tutti i cittadini

Le Barbados vogliono introdurre il reddito di base universale

Il governo delle Barbados ha iniziato a lavorare a un reddito di base universale per i suoi cittadini. Nello specifico, secondo quando dichiarato dall’inviato del primo ministro per gli investimenti e affari finanziari Avinash Persaud su Facebook, la misura prevede un cosiddetto dividendo di cittadinanza che, grazie al già esistente credito d’imposta inverso – con cui il governo integra i redditi che non rientrino entro certi limiti minimi -, si tradurrà in un vero e proprio reddito universale per tutti i cittadini almeno diciottenni dello Stato insulare, recentemente uscito dal Commonwealth.

Sebbene si tratti di una delle proposte più progressiste e ambiziose mai avanzate nel Paese, la misura non sembra, però, ancora convincere la comunità internazionale. Se da un lato le Barbados non sono infatti estranee a provvedimenti di questo tipo – tra cui l’istruzione terziaria gratuita e il credito d’imposta inverso –, dall’altro sono ancora numerosi i dubbi riguardo l’effettiva realizzazione e copertura finanziaria del piano.

Nel 2021, l’isola ha infatti attraversato un momento di transizione storico, dichiarando la propria indipendenza dalla Corona britannica e allontanandosi dal Commonwealth, una mossa che, secondo alcuni commentatori, potrebbe presto tradursi in nuovi legami con la Cina di Xi Jinping, che dal 2013 ha finanziato i governi caraibici con oltre 6 miliardi di dollari di investimenti.

Le stesse Barbados hanno, infatti, ricevuto oltre 400 milioni di dollari da Pechino, soldi che verranno verosimilmente investiti in nuove infrastrutture, ma che rischiano di tradursi in una situazione di indebitamento con il Dragone Rosso simile a quella di Uganda e Sri Lanka, in passato costretti a cedere terreni e risorse al governo cinese.



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