Interviste

Bandabardò, una cantata tra amici

bandabardo

Con i suoi oltre 1000 concerti e 15 anni di attività la Bandabardò può chiamarsi a buon diritto una delle live band più vitali in Italia. I loro concerti sono feste straripanti d’affetto: il pubblico vi partecipa numerosissimo, cantando infaticabile ogni canzone, duettando continuamente con gli artisti sul palco, senza perdersi un solo verso, in uno scambio d’intesa che non smette mai di sorprendere la Banda stessa. E questo affetto si traduce in grandi numeri ormai non più solo ai concerti, ma negli stessi dati di vendita, che vedono la Bandabardò apparire, sempre meno timidamente, in cima alla classifica dei primi dieci album più venduti della settimana. Erriquez, Finaz, Donbachi, Orla, Nuto e Ramon. Eccoli finalmente anche sulle pagine di Dolce Vita.

“8 Marzo 1993: Quel giorno, oltre a nascere, la Bandabardò si chiude in sala prove, dove resta per sei mesi!” Davvero un inizio molto affiatato! Cosa ha dato la scintilla a questa vostra avventura? Solo voglia di divertirvi e fare buona musica assieme, oppure sentite di dover comunicare qualcosa alla gente?
La Bandabardò è figlia di un progetto di vita molto semplice: comunicare attraverso le chitarre, attraverso il canto e la danza, riuscendo a creare un clima di complicità con chi ci ascolta, un clima di festa collettiva.
Non abbiamo nemmeno un briciolo di vanità in nessuno di noi e questo ci impedisce di lanciare proclami o semplici messaggi dal palco. Semplicemente facciamo il lavoro più divertente del mondo, e lo comunichiamo con sorrisi, pudore e rispetto per tutti. Per noi la musica è un alibi per ritrovarsi sotto un palco in tanti, per cantare e ballare insieme, pensando, sperando in un mondo più attento alla collettività, un mondo in cui l’ “io” sia molto meno importante del “noi”.

Da quello che posso notare siete una band molto “colorata”. Cioè formata da persone provenienti da culture e posti molto diversi tra loro… Come riuscite a trovare le sinergie per lavorare bene assieme?
Suonando continuamente, viaggiando insieme e cibandoci delle stesse gioie o paure che troviamo in giro. Ci siamo sempre trattati come fratelli, obbligati dal caso a convivere senza possibilità di separarsi; non esiste il divorzio tra fratelli… E come tali ci diciamo tutto in faccia senza i giri di parole che spesso devono adottare gli amici tra di loro. La Banda è la nostra vita, sedici anni di sogni che si realizzano ogni giorno, sedici anni di gioie nemmeno sperate che allietano la nostra esistenza. Di recente siamo usciti con un cd nel mercato giapponese: nessuno di noi aveva nemmeno sfiorato questa ipotesi dalla monumentale allegria.

Che musica ascoltavate in passato? E c’è qualche artista in particolare che consigliereste?
E’ sempre stato chiaro che ognuno di noi dovesse essere se stesso, per essere credibili, veri. Così è nata la Bandabardò, un insieme di culture e di stili musicali, un piccolo mondo dove riversare tutto quello che in musica ci emoziona. Ascoltiamo da sempre la stessa musica, diversa per ognuno di noi risultando un gruppo indefinibile, onnivoro, ispirato da mille amori. Io personalmente (Erriquez) sono il portatore sano di cantautorismo e dunque come non citare George Brassens, poeta anarchico e libertino, vero Maestro del grande Maestro De André.

Tra tutti i vostri album, qual’è quello che vi ha dato più soddisfazioni?
Forse l’ ultimo… Ottavio. Ma solo perché è la nostra ultima creatura, perché è una lunga storia di ricerca d’amore attraverso la vita e gli incontri di questo personaggio, Ottavio, un antieroe timido e rispettoso. Essere riusciti a cantare una favola, con personaggi e accadimenti vari ci ha dato ulteriore, entusiasmante allegria.

Cos’è per voi la Libertà? E più in particolare, voi vi sentite liberi di esprimervi, oppure dovete seguire le regole imposte dal mercato musicale?
La libertà per noi è la vita che facciamo. Ci siamo circondati di complici che ci aiutano a scegliere dove suonare, dove e come raccontare le nostre storie. Ci aiutano a fare in modo che i dischi e i concerti costino quanto è giusto, non un centesimo in più. Ci toglie un po’ il fiato la perfida equazione che sancisce che siamo mantenuti, pagati e riveriti dalle persone che più ci amano, che comprano i nostri cd, magliette, dvd, che vengono a ballare con noi… Abbiamo sempre cantato le nostre storie anche davanti a chi non le voleva sentire per ottusa e vecchia partigianeria ideologica: la libertà è anche non ascoltare se non vuoi farlo!

Questo numero di DV è dedicato all’Amore. Nel senso; in questo mondo consumistico, frenetico, dove l’apparenza e i soldi sembrano contare più di ogni altra cosa, che fine ha fatto l’Amore? Dove e come si manifesta?
Quando mi dicono che cantare d’amore è fuori moda rabbrividisco! Anche vivere d’ amore è per i perdenti, visto che oggi gli idoli sono “quelli che svoltano”, quelli che si accaparrano, con qualsiasi mezzo, fortune economiche spaventose. La gente insegue felicità effimere, senza mai una fine, senza punto d’ arrivo, spinta dalla competizione con altri animali simili, spinta da terribile desiderio di potere e di possesso. Per noi l’ amore si manifesta in chi si sa accontentare, in chi non perde di vista che la felicità si trova tra il sorriso di un figlio e una primavera di sole.

In questo anno sono successi molti fatti rilevanti. Ad esempio, la crisi economica, l’elezione di Obama, il terremoto in Abruzzo… Se voi doveste tirare un bilancio, cosa direste del 2009?
Siamo stati a suonare a L’ Aquila, trovando una situazione che è l’ esatto contrario di quella raccontata trionfalmente dai nostri telegiornali. Siamo un paese senza informazione libera e onesta. Non c’è coraggio. Siamo un paese in cui solo i soldi e la loro penuria possono spaventare ed aggregare le persone. Viceversa appena nomini ghiacciai che si sciolgono o mozzarelle alla diossina, vieni guardato con fastidio e noia. Così facendo, gli anni si somigliano tutti, niente cambia nel verso giusto. Si aspetta che “qualcuno faccia”, si aspetta l’ Obama di turno con bacchetta magica.

“L’abuso di droghe crea problemi, ma il proibizionismo crea disastri!” Siete d’accordo con questa affermazione?
Inoltre credete che la linea repressiva attuata dal governo (prima con la legge Fini-Giovanardi, ora con il Pacchetto sicurezza) stia portando dei risultati?
Non esiste un paese al mondo in cui il proibizionismo abbia dato risultati positivi! Dovrebbe bastare questo ad una classe politica intelligente per scartare questa ipotesi. I risultati certi del proibizionismo sono l’ arricchimento smisurato di mafie varie, l’ inserimento sul mercato di droghe non controllate e devastanti e il suono delle fanfare governative che dai telegiornali ci fanno sapere di arresti, di retate. Se io fossi un poliziotto mi metterei in sciopero.

Favorevoli o contrari alla legalizzazione delle droghe leggere? E le altre?
Assolutamente favorevole alla legalizzazione della cannabis, che raggiunga il caffè, la nicotina e la televisione nel mondo delle droghe leggere. Sulle altre droghe ci vuole un martellamento accanito, spietato, una informazione sugli effetti precisa e dettagliata. Un urlo quotidiano di spavento contro la cocaina e le altre droghe assassine. Complimenti all’intelligenza dei nostri Fini vari che raccontano ai ragazzi più giovani che una canna e un tiro di coca sono la stessa cosa. Il risultato garantito è devastante: la coca è considerata ormai una droghetta leggera e sempre più cocaina distrugge cervelli, provoca incidenti e spinge a violenze terribili.

A quanto deve arrivare un litro di benzina affinché decidiate di parcheggiare definitivamente la macchina?
In Brasile viaggiano tutti con un propellente a base di distillato di canna da zucchero. Noi italiani abbiamo un territorio fertilissimo per la pianta della canapa sativa, che offre una sua benzina totalmente naturale e scarsamente nociva. Se il mondo andasse a canapa, non sarebbe possibile organizzare guerre per il petrolio, occupare stati per succhiargli il gaseodotto… Non ci sarebbe il business di distruggere e nemmeno quello di ricostruire! Una tragedia per i tanti Putin, Bush e amici vari.

E’ notizia di questi ultimi giorni che una coppia di ricercatori italiani negli USA hanno scoperto una possibile cura per il cancro al cervello. Loro sono solo gli ultimi “cervelli in fuga” di una lunga serie. A vostro parere come mai questi geni devono per forza emigrare per poter esprimere le loro capacità? Cos’ha questa Italia che proprio non va’?
Non ritengo terribile che le persone considerino il mondo intero come confine per la propria professionalità. Se cervelloni di tutto il mondo si ritrovano a produrre idee in paesi lontani dal nostro è il risultato che conta. Ricordiamoci che siamo una comunità di persone tutte intente a lasciare il mondo più bello di come l’ abbiamo trovato.
Cosa non va in Italia? Proviamo ad immaginare il nostro paese con una classe politica stipendiata modestamente dallo stato. Un lavoro onestamente retribuito che non da accesso a settori di potere enormi, non porta in televisione a parlare di calcio, donne e cronaca nera. Un lavoro senza privilegi al quale si accede dopo studi universitari mirati: lingue straniere, per alcuni anche un ripasso di italiano, storia del mondo, delle culture più disparate. Una classe politica di funzionari che facciano politica per passione, come uno sceglie di fare il medico o il giornalista. In tutto questo l’ ideologia diventa giustamente un fatto privato, nostro. Ognuno vive con le proprie leggi morali, etiche, senza imposizioni dall’alto del nostro inutile parlamento.

Da grandi, cosa volete fare 🙂 ?
I politici.

a cura di Andrea Carrara

 



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