Autoproduzione outdoor: da dove iniziare
Che si tratti di cibo, utensili o energia, vale sempre lo stesso detto “chi fa da sè fa per tre”; seppur in diversa misura, questo vale anche per l’autoproduzione di cannabis. In Italia coltivare cannabis, anche per uso personale, è un reato. Nessuna sentenza delle sezioni unite penali della Cassazione può sostituirsi a legislatore, sebbene questo parere crei un importante precedente giuridico. Ciononostante, il divieto non ha mai frenato e mai frenerà la passione di coloro che sono interessati a questa pianta che ogni giorno di più, anche grazie ai social network, possono contare sulle esperienze di tanti appassionati e specialisti del settore che condividono il loro lavoro per apprendere le nozioni necessarie per dedicarsi all’autoproduzione.
Con l’avvento della primavera, tutti possono sperimentarsi con una coltivazione outdoor. Vediamo come.
Le condizioni atmosferiche e il clima
Per ovviare a spiacevoli imprevisti di ogni sorta, bisogna sfruttare a pieno il clima del nostro territorio. Essendo la nostra penisola soggetta a climi differenti a seconda della regione, vi consigliamo di scegliere varietà di semi adatte alle vostre latitudini. Un altro aspetto importante da tenere in considerazione è la temperatura media, anche notturna, dell’area che scegliete per l’autoproduzione, nonché l’esposizione al vento e ovviamente alla luce.
Scegli il tuo seme
All’interno del vasto panorama delle seedbank, si trovano generalmente almeno tre categorie di semi: regolari, femminizzati e autofiorenti. Negli ultimi anni, grazie ai progressi fatti in campo scientifico sull’utilizzo del CBD in medicina, è subentrata una nuova categoria all’interno dei cataloghi: le varietà con un alto contenuto di CBD, appunto. Questa nuova tipologia di piante possono essere femminilizzate o autofiorenti, in entrambi i casi l’innovazione sta nel rapporto di THC/CBD che di solito è di 1:1 (esempio 10% THC/10% CBD).
Per far germinare i tuoi semi di cannabis nel modo giusto, devi innanzitutto decidere quali semi coltivare e dove comprarli, cercando delle seedbank affidabili che abbiano una storia di successi alle spalle. Se possibile, fatti consigliare dal tuo growshop di fiducia. I principianti potrebbero voler iniziare con una varietà a predominanza Indica che rimarrà piccola e tozza con un breve periodo di fioritura; diversamente le varietà a predominanza Sativa tendono ad allungarsi di più e hanno tempi di fioritura più lunghi.
Non diamo nulla per certo
Spesso capita che un’azienda di semi affermi che il loro prodotto matura in 60 giorni, ma questa non è quasi mai una data certa per il raccolto. Alcune aziende abbassano i tempi di fioritura nel tentativo di convincerti ad acquistare i loro semi, una semplice ma efficace strategia di marketing.
È inoltre necessario tenere conto dei tempi di inattività che le piante impiegano per recuperare lo stress causato dal trapianto o da altri fattori aggravanti; delle volte questo può aggiungere settimane alla fase di fioritura e spingere significativamente avanti il tempo di raccolta.
Germinazione, l’inizio di una nuova vita
Iniziare a far germinare un seme equivale a far nascere una nuova vita, uno degli errori più comuni che i neofiti fanno è quello di trattare i semi come oggetti inanimati. Bisogna essere delicati e garantire le condizioni ottimali per una corretta germinazione. Di seguito illustreremo due tecniche basilari per garantire la riuscita del nostro investimento.
Germinazione in umido. Alcune persone scelgono di usare un metodo che prevede l’adagiamento del seme in un panno di carta o di cotone umido: questo metodo consiste nel posizionare i semi su un piatto tra due lembi di carta inumiditi, coperto da un secondo piatto. Entro un paio di giorni, dovreste vedere il seme aperto e un germoglio emergere. Immediatamente e con attenzione (usando le pinzette), il seme va posizionato nel substrato e innaffiato delicatamente. Non c’è nulla di intrinsecamente sbagliato nell’usare questo metodo, purché si operi con cautela e senza lasciare che il germoglio cresca troppo a lungo prima di piantarlo.
Germinazione in substrato. Se avete deciso di seminare in substrato il processo è ancora più facile, bisogna applicare un foro al centro del substrato pre-umidificato. Lascia cadere il seme in circa un quarto di centimetro di profondità, copri il seme con un po’ di terreno e tamponalo delicatamente.
Scelta del suolo
Selezionare un buon substrato di coltivazione è il primo step per ottenere un buon raccolto. Badate bene che ogni tipo di coltivazione domestica, che sia indoor o outdoor, ha inizio con la scelta del seme e del metodo di coltura. Comprare del terriccio a buon mercato o scegliere di utilizzare la terra che si trova in giardino non è mai una buona scelta per chi si cimenta nell’autoproduzione le prime volte. Spendere qualche euro in più per acquistare dei substrati altamente performanti, rappresenta un’ottima scelta per chiunque voglia ottenere il massimo da una coltivazione, senza incorrere in problemi che metterebbero a rischio qualsiasi raccolto. Ricordate bene, non vi è cosa più naturale di far crescere una pianta direttamente nella terra! Normalmente i terricci che si trovano in vendita nei growshop sono tutti altamente indicati per la coltivazione di cannabis. Le migliori marche di fertilizzanti infatti, producono in larga parte anche dei propri substrati, già pre-fertilizzati con l’aggiunta di perlite e pieni zeppi di oligoelementi, senza contare un rapporto N-P-K- adatto alle varie fasi di coltivazione.
Un buon terriccio è ricco di torba e morbido al tatto, favorisce il drenaggio dell’acqua anche grazie all’aggiunta di vermiculite e risulta molto poroso, per permettere un buon attecchimento delle radici e favorire il passaggio d’aria. Esistono sul mercato substrati più o meno fertilizzati, sta al coltivatore saper scegliere il giusto mezzo di coltura in base alle proprie esigenze.
Salde radici per un buon raccolto
Uno dei fattori più importanti per intuire quanto bene crescerà una pianta e quanto potrà produrre è la salute e la forza del suo apparato radicale. Al di sotto della superficie del terreno di coltura, vi è una rete intricata di radici che immagazzina zuccheri e amidi (alimenti per la cannabis) e trasporta i minerali necessari alla pianta. Le radici delle piante di marijuana sono ricoperte da milioni di piccoli peli che assorbono acqua e minerali dal terreno circostante.
Questo sistema di radici invia minerali attraverso il corpo della pianta alle foglie per l’uso durante la fotosintesi, che a sua volta rende gli amidi e gli zuccheri che la pianta utilizza per cibo ed energia. Più grande e più esteso è l’apparato radicale, migliore sarà la crescita della pianta.
Nell’apparato radicale, i livelli di umidità, temperatura e ossigeno influenzano direttamente la crescita. È molto importante ricordare che per le radici è fondamentale l’ossigeno, mentre il resto della pianta utilizza anidride carbonica (CO2). Quando si coltiva in vaso i migliori contenitori per ospitare le piante sono quelli più traspiranti o permeabili all’aria, in modo che l’ossigeno possa facilmente entrare nella zona delle radici.
Il contenitore prima del contenuto
Non dimentichiamo che abbiamo bisogno innanzitutto di un buon vaso, per una coltivazione outdoor che si rispetti, lo andremo a scegliere in base alle dimensioni che vogliamo far raggiungere alla nostra pianta, più è piccolo il vaso più sarà discreta la nostra coltivazione. Utilizzare vasi di media dimensione è una buona scelta per ottimizzare la produzione e nascondersi da occhi indiscreti e quelli che vanno dai 5 ai 10 litri rappresentano un’ottima soluzione.
Fertilizzazione, organico o minerale?
Ogni azienda nutritiva consiglia un ciclo di nutrimento con dosaggi diversi tra di loro e questo non fa altro che generare confusione. Ciò accade perché ogni azienda basa i propri dosaggi e il conseguente calendario di fertilizzazione per un’intera linea di prodotti mono-marchio.
Facciamo un po’ di chiarezza: gli elementi nutritivi che la pianta utilizza derivano dalla solubilizzazione dei minerali costituenti il terreno e dal riciclaggio delle sostanze organiche degli organismi morti che vengono di nuovo mineralizzate dai batteri e da altri microrganismi. La concimazione consiste nel fornire gli stessi elementi in forma minerale (concimazione chimica) o come sostanza organica da decomporre (concimazione organica). I prodotti finali della decomposizione dei materiali forniti con la concimazione organica sono i medesimi, la differenza tra le due tecniche è di ordine ecologico piuttosto che chimico.
Abbiamo così rispolverato alcune nozioni basilari per allestire un cultivo per una piccola autoproduzione outdoor. Ricorriamo a questa forma di disobbedienza civile con parsimonia e senza alcuna pretesa, lì dove lo Stato non ci permette di accedere per vie legali a un fiore troppo spesso demonizzato. Seppur non lecita, bisogna ricordare a tutti che l’autoproduzione rappresenta l’unica soluzione per arginare il monopolio delle narcomafie, le quali lucrano sui semplici consumatori e ledono la salute pubblica, minando la stessa autorità dello Stato che risulta essere, in questo contesto, il loro miglior complice.