Contro-informazione

Con l’aumento del prezzo del grano si rischia una nuova crisi alimentare

Per ora le scorte di grano sono ancora abbondanti, ma un conflitto prolungato tra Russia e Ucraina potrebbe avere gravi ripercussioni

aumento del prezzo del grano

Le conseguenze dell’invasione russa in Ucraina si stanno facendo sentire su sempre più versanti. Quella alimentare, con l’aumento del prezzo del grano e dei cereali in genere, è l’ennesima crisi aperta dal conflitto che ha già causato  la più grave crisi umanitaria dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e ha già messo in ginocchio il settore energetico – contribuendo a un aumento globale del prezzo di benzina, diesel e gas naturale.

Russia e Ucraina sono, infatti, responsabili per circa un terzo dell’export mondiale di grano, momentaneamente bloccato dallo scoppio della guerra. Con i porti del Mar Nero chiusi e il prezzo del cereale vicino a quello della crisi del settore alimentare del 2007-2008, presto diversi Paesi potrebbero essere costretti a rivolgersi a fornitori più piccoli, potenzialmente portando i prezzi a triplicare. Per ora, le scorte di grano sono ancora abbondanti, ma un conflitto prolungato tra Russia e Ucraina, definita “il granaio d’Europa”, potrebbe tradursi in situazioni particolarmente complesse per i Paesi che più dipendono dalle forniture di cereali provenienti dall’Est Europa, come Yemen, Libano e Tunisia, la cui sicurezza alimentare è a rischio.

Sebbene non possa ancora parlarsi di una vera e propria emergenza, la FAO – l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – ha già lanciato i primi allarmi. Nella scorsa settimana, il prezzo del grano ha raggiunto i 400 euro a tonnellata sul mercato di Parigi, un aumento pari a circa il 38%, il valore più alto degli ultimi 14 anni, mentre a Chicago, punto di riferimento globale per le commodities alimentari, è stato registrato un incremento pari al 6,6%. L’aumento del prezzo dei cereali ha, poi, spinto l’indice FAO sui prezzi alimentari ai valori più alti di sempre, segno – pur tenendo in considerazione la speculazione sul mercato – di una potenziale crisi imminente.

Prezzo del grano: i paesi su cui pesa di più

I problemi sussistono in particolare per quei Paesi che dipendono prevalentemente dall’Ucraina per il proprio import di cereali. In Libano, il 90% del grano proviene proprio dal granaio d’Europa, e lo stesso vale per nazioni come Tunisia, Somalia, Yemen, Siria e Libia. Ma con decine di navi bloccate nei porti ucraini, è, per il momento, inverosimile una ripresa rapida delle forniture nei paesi che contano su Kyiv. La situazione potrebbe presto degenerare anche negli Stati che si affidano invece alla Russia. Tra questi, l’Egitto rappresenta uno dei massimi importatori di grano russo, che rappresenta circa il 25% delle forniture totali del Paese, e, secondo quanto affermato dalla autorità egiziane, le scorte dureranno solo fino a metà giugno. Il governo del Cairo teme poi che un eventuale aumento del prezzo dei cereali e del pane potrebbe tradursi in un forte malcontento generale.

Non si tratterebbe della prima volta. Già tra il 2007 e il 2008, una produzione ridotta nei principali produttori di cereali, tra cui Russia, Ucraina e Australia, e il conseguente aumento dei prezzi si erano tradotti in proteste in oltre 40 Paesi, mentre il balzo del prezzo del grano tra il 2009 e il 2010 viene ritenuto da alcuni come una delle cause principali dell’inizio della Primavera Araba.



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