Assistenza legale #8
Sequestro piante in fase vegetativa – 4 dicembre 2006
Salve! Il 25 agosto fui sorpreso con alcune piante di marijuana nel mio appartamento. Ad oggi, non ho ancora ricevuto notizie circa le analisi effettuate sulle piante. Ci sono scadenze da rispettare per legge in tal senso? E ancora, dato che le piante non erano in fase di maturazione, in caso di esito negativo rientro ancora nelle previsioni della Fini-Giovanardi?
In relazione al primo quesito posto, visti i tempi finora maturati, non vi sono ancora i margini per una scadenza legale dell’attività di analisi di laboratorio sul materiale sequestrato. Vi è comunque da rilevare che il decorso del tempo influisce sulla qualità, e quindi sulla stessa validità, delle analisi in questione. Per quel che riguarda poi la rilevanza giuridica della fase di maturazione delle piante (di cui, comunque, si dovrebbe conoscere il numero), si deve dire innanzitutto che, in relazione alla precedente disciplina sulle sostanze stupefacenti, pur ammettendo – la giurisprudenza di merito, nonché la dottrina maggioritaria – la possibilità di configurare la non punibilità della coltivazione personale “domestica” in relazione a lieve o nullo contenuto di sostanza drogante reperita, tale possibilità non è mai stata confermata a livello uniforme dalla Corte di Cassazione.
L’anno scorso, come più volte riferito, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno riaffermato il carattere “astratto” della pericolosità sociale attribuibile alla coltivazione di cannabis, a prescindere dalla pericolosità sociale “concreta” della quantità di sostanza drogante sequestrata.
L’attuale contenuto della norma di cui all’art. 73 d.p.r. 309/90 appare ancora più ambiguo del precedente. Ad una rigorosa lettura del testo, l’azione del “coltivare” dovrebbe includere anche la fase di germinanazione e di vegetazione della pianta. Il riferimento della norma, “alle sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I”, sembra però escludere la punibilità dell’azione senza un’evidente presenza di quantitativo di sostanza sequestrata. Certo. Se anche si può rilevare l’imperizia tecnica di un Legislatore che delinei la fattispecie della coltivazione delle sostanze [sic!], questo non può certo confortare il difficile compito della magistratura. Chiaramente il principio del “in dubio pro reo”, che indirizza la valutazione del giudice verso l’interpretazione maggiormente favorevole all’accusato, resta patrimonio della nostra civiltà giuridica. Per “offendere”, anche astrattamente, la sicurezza sociale e personale, deve essere presente, nelle piante sequestrate, un determinato quantita- tivo di sostanza drogante, in seguito alla valutazione attraverso analisi nei laboratori abilitati. Si dovranno comunque attendere i primi orientamenti giurisprudenziali in materia.
Risposta del Dott. Massimo Ribaudo
Opposizione a risultati analisi del capello – 9 novembre 2006
In data 28/10/2006 sono stato sottoposto a esame del capello a Milano. In data 08/11/2006 mi sono stati consegnati i referti che riportano: esami urine negative tutte le sostanze, esame capello positivo cannabinoidi 0.42ng/mg. Negli anni precedenti ho passato tre esami tutti negativi, rimanendo sempre sotto i valori di posi- tività (0.05ng/mg). Avendo mantenuto sempre lo stesso comportamento prima di sottopormi agli esami, com’è possibile che risulti una tale positività? Ho intenzione di fare ricorso ed in questo caso il mio capello verrà esaminato a Pavia. Come devo comportarmi nel caso in cui risulti ancora positivo? Solitamente i cannabinoidi non dovrebbero persistere maggiormente nelle urine? Non può essere una controprova il fatto che le urine risultano negative?
In relazione ai quesiti posti, oltre a confermare la bontà della scelta di far effettuare nuove analisi del capello presso un diverso istituto, si consiglia, nel caso l’autorità prefettizia dovesse infliggere sanzioni amministrative in merito alla positività delle stesse analisi, di ricorrere, nel termine di dieci giorni dalla notificazione delle sanzioni, al Giudice di Pace. Elementi fondamentali del ricorso consistono nella negatività dell’esame delle urine e, come spesso sottolineato, nella prospettazione dello status sociale, economico, culturale e professionale del ricorrente. La lieve positività all’analisi del capello, infatti, può essere determinata dalla mera frequentazione di luoghi pubblici dove sia stata utilizzata la sostanza presuntivamente rilevata.
E’ comunque opportuno, in vista del ricorso al Giudice di Pace, dotarsi di perizie mediche personali che confermino l’inattendibilità dell’analisi del capello.
Risposta del Dott. Massimo Ribaudo
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