Assange: anni di carcere perché “colpevole di giornalismo”
La democrazia e il giornalismo investigativo sono sotto tiro. Le preoccupazioni di Assange, riconosciuto come "prigioniero politico" dal Consiglio d'Europa
Lo scorso 1° ottobre, dopo anni di silenzio forzato, il fondatore di WikiLeaks Julian Assange è tornato a parlare in pubblico per la prima volta dalla sua scarcerazione. E lo ha fatto a Strasburgo, davanti al Consiglio d’Europa, con un discorso che tutti dovremmo ascoltare.
«Ho scelto la libertà al posto di una giustizia irrealizzabile», ha dichiarato Julian. Spiegando che la sua decisione di accettare il patteggiamento con gli Stati Uniti è stata sofferta, ma dettata dalla prospettiva di una condanna a 175 anni di carcere e dalla consapevolezza che la tutela dei giornalisti «esiste solo su carta».
Ma perché Assange si è trovato a Strasburgo? L’Assemblea del Consiglio d’Europa, che riunisce i parlamentari di 46 Paesi europei, l’aveva chiamato a testimoniare sulle condizioni della sua detenzione.
La risoluzione, redatta dalla parlamentare islandese Thórhildur Sunna Ӕvarsdóttir, critica aspramente il trattamento riservato al cofondatore di WikiLeaks, condannando come «sproporzionatamente gravi» le accuse mosse contro di lui dagli Stati Uniti.
Invece che descrivere la sua prigionia, però, durata per oltre 5 anni in una cella d’isolamento, Julian ha spostato l’attenzione sul cosa la sua persecuzione politico-giudiziaria rivela sulla nostra democrazia. E quali effetti potrebbe avere sulla libertà di stampa e il giornalismo investigativo.
IL GIORNALISMO INVESTIGATIVO (E LA DEMOCRAZIA) SONO A RISCHIO
«Non sono libero oggi perché il sistema ha funzionato. Sono libero oggi, dopo anni di reclusione, perché mi sono dichiarato colpevole di giornalismo», ha sottolineato con amarezza e profonda preoccupazione.
Il giornalista, infatti, ha denunciato come la sua condanna da parte di «una potenza straniera per aver chiesto, ricevuto e pubblicato informazioni veritiere» mentre si trovava in Europa, rappresenti una minaccia per il giornalismo investigativo ovunque.
Per Assange la situazione è precipitata con l’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump, la nomina di Mike Pompeo alla Cia e di William Barr come procuratore generale. Nel periodo che segue, lui e la sua famiglia sono stati vittime di spionaggio, con «tentativi di prelevare il DNA dal pannolino di mio figlio di sei mesi».
È indispensabile, ha concluso, una presa di posizione da parte del Consiglio d’Europa contro questa barbarie, per la sopravvivenza della democrazia e del giornalismo investigativo, che si trova sempre di più sotto tiro.
IL CONSIGLIO D’EUROPA HA RICONOSCIUTO ASSANGE COME PRIGIONIERO POLITICO
Con 88 voti a favore, 13 contrari e 20 astenuti, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha designato ufficialmente Julian Assange come “prigioniero politico“.
La pronuncia, sebbene sia arrivata solo dopo che l’odissea giudiziaria di Assange si è conclusa, potrebbe avere delle ripercussioni significative. In quanto richiede espressamente ai governi di USA e Regno Unito di chiarire alcuni punti del caso, affermando che le istituzioni debbano attivarsi affinché una vicenda simile non si ripeta in futuro.
Inoltre, l’organo del Consiglio d’Europa ha chiesto agli Stati Uniti di investigare sui possibili crimini di guerra e violazioni dei diritti umani emersi dalle pubblicazioni di Assange e Wikileaks.
Perché la mancata indagine, ha sottolineato l’Assemblea, unita al duro trattamento riservato a Julian, potrebbe far sospettare che l’obiettivo del governo americano sia quello di «nascondere le irregolarità commesse dagli agenti di Stato anziché proteggere la sicurezza nazionale».
Con il via libera della mozione, sono anche state accusate le autorità del Regno Unito di non aver protetto la libertà d’espressione di Assange, e chiesto allo Stato britannico di verificare se il giornalista sia stato torturato o sottoposto a trattamenti inumani o degradanti durante la sua detenzione a Belmarsh.
Infine, l’Assemblea ha invitato gli Stati Uniti a rinnovare «con urgenza» le proprie norme sullo spionaggio ed «escludere la possibilità che possa essere usata nei confronti di editori, giornalisti e whistleblower che divulgano informazioni classificate con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica e informare su crimini gravi, come l’omicidio, la tortura, la corruzione o la sorveglianza illegale».