Interviste

Asian Dub Foundation e “L’odio”: un binomio perfetto

l'odio - asian dub foundationLa combinazione tra Asian Dub Foundation e il film “L’odio” era sicuramente una sorte inevitabile. Da un lato infatti c’è la band che dagli anni ‘90 ad oggi si caratterizza sia per le molteplici e differenti sonorità che per l’impegno, soprattutto attraverso i testi, politico e sociale, e dall’altro abbiamo questa famosa pellicola che riprende in maniera cruda la vita delle banlieue parigine in cui lo scontro razziale è quasi all’ordine del giorno. Dannatamente attuale ancora oggi!

Questa fusione di musica e film ha generato quello che oggi possiamo definire uno degli show più originali nel panorama musicale impegnato socialmente, la ri-sonorizzazione del film “L’odio”. Lo scorso 4 dicembre il Laboratorio Crash (BO) ha ospitato questo spettacolo del tutto singolare, nonostante il posto non fosse l’ideale per ospitare l’evento causa il palco molto basso e di conseguenza l’impossibilità per i molti a seguire il film, e abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchierare con Steve Chandra, portavoce di questa band esclusiva.

Lo spettacolo che presenterete stasera è qualcosa di insolito, re-interpreterete live la colonna sonora del film “L’odio”. Puoi raccontarci qualcosa di più a proposito dello show che vedremo stasera?
Per noi non è insolito dato che lo portiamo avanti da 14 anni! È una ri-sonorizzazione, abbiamo rifatto la colonna sonora del film. È a tutti gli effetti la nostra interpretazione musicale del film, mischiamo suoni elettronici con strumenti live e interpretiamo il film musicalmente. Questo è quello che facciamo, però il pubblico dovrebbe essere anche in grado di seguire il film. Forse stasera sarà difficile a causa della grandezza del palco e leggere i sottotitoli sarà abbastanza difficoltoso, sicuramente sarà un problema. Normalmente ci esibiamo in posti molto grandi dove lo schermo è molto in alto e i sottotitoli più in basso e c’è lo spazio necessario per seguire il film e ovviamente ascoltare la musica.

Quindi il video è più importante della musica?
È molto importante guardare il video ma bisogna ascoltare la musica che viene integrata dal film. Guardare il film è fondamentale ma ascoltare la musica è necessario per capire. Noi saremo nascosti nel buio per lasciare lo spazio per guardare il film, si vedrà solo il video e si sentirà solo la musica. La parte visiva del film è più importante della band, ma ascoltare è necessario.

La prima volta che avete presentato questo show in tour era il 2001, come è nata, a quei tempi, l’idea di questo progetto alternativo?
Allora comincio direttamente dall’inizio… Quando avevo 11 anni sono partito per una gita scolastica con altri tre bambini in un posto chiamato “Rank”, una società inglese di produttori cinematografici, vicino alla scuola che frequentavo e ci fecero vedere come si creava la musica per i film, e in quel caso si trattava di un film horror del 1974. Loro suonavano live sopra al film e ovviamente questa cosa mi ha impressionato davvero molto e non me ne sono mai dimenticato, ed è un po’ la base del perché abbiamo lanciato questo progetto. Successivamente, negli anni ‘90, un nostro amico portò avanti un progetto simile in cui un dj mixava sopra ai film che passavano sullo schermo, non era un granché ma era divertente ed a volte poteva essere davvero interessante. Poi ci fu un personaggio particolare, chiamato Skanna, un tipo lunatico veramente particolare, fa un sacco di cose strane e una volta ad un festival del cinema fece un remake del film Alphaville di Jean-Luc Godard. Fece appunto una soundtrack alternativa e il pubblico rimase sorpreso perché le velocità erano sbagliate, fece una cosa pazza! Aveva l’audio originale del film in francese con i sottotitoli in inglese, ma aveva anche il doppiaggio in inglese e quindi fece un mix dei due però il doppiaggio in inglese era in ritardo quindi sentivi l’audio e leggevi i sottotitoli ma erano scoordinati, l’effetto era quello di essere sballati senza prendere droghe. Fantastico, ma il pubblico lo detestò; io invece pensai che fosse geniale. Ci propose di fare delle collaborazioni con i compositori classici presenti al festival, li ascoltammo ma alla fine rifiutammo. Volevo comunque portare avanti un progetto in cui musica e film si miscelano così decidemmo che avremmo fatto una soundtrack live per “L’odio”, ma non avevamo realmente realizzato la grandezza del nostro progetto. Dopo andai in India e quando tornai c’erano poster dappertutto, quindi dovemmo trovare un modo per farlo velocemente e lo facemmo. Fortunatamente funzionò e ora lo portiamo in giro da 14 anni, per un totale di circa 30 volte in tutto il mondo.

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Cosa vi motiva ancora oggi a portare in giro questo show?
L’ultima volta che lo facemmo, prima di fermarci per un po’, fu a Roma nel 2004, in seguito cominciarono le rivolte di Londra. In quel periodo conoscemmo delle persone che lavoravano nel mondo del cinema, gente molto interessante, e ci chiesero di rifare lo show e lo facemmo nel posto dove ebbero inizio le rivolte di Londra, a Broadwater Farm, ed è per questo che abbiamo ricominciato a farlo. Non abbiamo mai cambiato lo show ma stasera abbiamo i sottotitoli in italiano che non avevamo mai avuto. Spero che la gente riesca a leggerli perché il palco è molto piccolo.

Nei vostri testi c’è una forte presenza di temi politici e sociali. La scelta di questo genere di contenuti è influenzato dal vostro background o si è sviluppato nel corso del tempo?
Se sei un artista e sei onesto dovresti riuscire a scrivere naturalmente ciò che senti e la band collettivamente sente il bisogno di dire le stesse cose.

Siete mai stati vittime di censura?
Dipende quanto ampiamente si definisce il concetto di censura perché la censura può tradursi in molte cose. Puoi essere censurato da qualcuno del governo che dice “non puoi farlo” e ti fa smettere oppure la censura può essere una sorta di auto-censura incosciente.

In generale avete degli episodi da raccontarci a proposito di censura?
Ci è successo una volta in India di dover firmare un contratto dove assicuravamo che non avremmo suonato certe canzoni, ma puoi censurare qualcuno anche solo ignorandolo, non è necessario che ci sia qualcuno che ti dice “questo non puoi farlo”.

La prima versione dell’album “More signal more noise” fu pubblicata in Giappone nel 2013 ma dopo la pubblicazione avete deciso di registrare di nuovo l’album con tonalità più punk e dub. Perché avete deciso di tornare su questo lavoro?
Perché quando lo abbiamo suonato in tour per sei mesi suonava molto meglio di quando l’avevamo registrato la prima volta, ed era una differente interpretazione del lavoro e così l’abbiamo ri-registrato in 3/4 giorni.

È stata una scelta tecnica quella di registrarlo in così poco tempo o avete semplicemente seguito il flusso creativo?
Penso che suoni molto meglio quando viene fatto live. Inoltre credo che le canzoni vengano meglio quando non ci si pensa troppo. Abbiamo sicuramente seguito il flow, il live flow.

“Stand up” è il nuovo singolo, la canzone parla di come la crisi abbia colpito i più poveri e beneficiato i più ricchi, sempre la stessa storia. Chi probabilmente doveva fare qualcosa, come i governi, non ha fatto nulla e viviamo in questo stato di perpetua ingiustizia sociale. Qual è la ragione per la quale non avviene il cambiamento?
Troppa gente crede di avere un interesse nello status quo anche se non ce l’hanno realmente. Inoltre la gente pensa di avere un interesse nel lasciare le cose così come sono oppure non si fida delle alternative, penso che sia un mix delle due cose. In genere le persone attaccate a beni e servizi per lo più futili sono mosse dal materialismo. Non voglio sembrare uno di quelli a cui hanno fatto il lavaggio del cervello, credo che la gente sia naturalmente attratta da un’alternativa e l’alternativa potrebbe richiedere molti sacrifici, una società più verde ad esempio significa che bisogna ridurre la politica del consumo, ma la società è basata sul consumo e molte persone non vogliono questo cambio di direzione. La gente come me o te viene persa di vista in confronto alla massa centrale della società, la “normalità”. Se vuoi fare politica e vuoi cambiare questa cosa devi trovare il modo giusto per far passare il messaggio alla gente. Un sacco di gente parla del cambiamento ma parlarne non basta. Questo è un momento molto interessante e allo stesso tempo molto frustrante in Inghilterra perché una persona di estrema sinistra sta salendo a capo del Labour party e ci sono molti nuovi membri, circa mezzo milione di persone che seguono il Labour Party. Gli incontri sono pieni di gente e la gente propone molte cose buone, al momento tutti pensano che ci sarà un grande cambiamento ma non c’è perché non c’è comunicazione con la gente che ha veramente bisogno del cambiamento, sta solo radunando persone che vogliono già il cambiamento senza coinvolgerne di nuove.

Che piani avete dopo il tour?
Dimenticare la musica per un mese, questo è il mio piano! È stato un anno molto impegnativo.

Nel 1998 hai fondato un’associazione no-profit, di stampo musicale, al fine di coordinare le attività didattiche di alcune aree povere di Londra. Cosa ci puoi dire 18 anni dopo?
L’associazione esiste ancora e io svolgo sempre il mio ruolo di insegnante ma molte cose sono cambiate nell’associazione adesso è molto più mainstream. Insegno una materia abbastanza inusuale, storia della musica, prima invece insegnavo tecnologia della musica.

Lascia un messaggio per i nostri lettori…
Grazie mille per averci invitato in Italia per fare questo show, spero vi piacerà.

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