L’arte della terra: le creazioni di Almarera
I materiali naturali, come la canapa, per dar vita a creazioni artistiche frutto della ricerca di Paola Zanella
I materiali naturali come mezzo per raccontare il legame con la madre terra, mantenere la connessione con la natura e realizzare a mano vasi di design e altre creazioni che sono pezzi unici. Il materiale principe che Paola Zanella usa principalmente per i vasi di Almarera è la canapa unita alla calce, lo stesso che è alla base della bioedilizia nel settore della pianta della meraviglie.
Sui vasi che realizza Paola spiega che “possono accogliere direttamente le piante pur non presentando fori di drenaggio sul fondo, poiché il materiale è traspirante, trattiene l’umidità in eccesso, rilasciandola in situazione di carenza ed è refrattario alle muffe”.
Affascinati dalla sua ricerca che lei stessa definisce”artistica-artigianale e, in un certo senso, culturale”, dalla quale nascono oggetti “‘sani’ per la persona, per gli ambienti e per l’ecosistema”, l’abbiamo contattata per saperne un po’ di più su di lei e su Almarera.
LE CREAZIONI ARTISTICHE DI ALMARERA: INTERVISTA A PAOLA ZANELLA
Perché ha scelto di usare materiali naturali per le creazioni di Almarera?
Uso materiali naturali per vari motivi: innanzitutto ho un fortissimo legame con la madre terra e usare “le sue creazioni per realizzare le mie” mi permette di mantenere una connessione con la natura. Poi li uso perché sono sani per la persona, per gli ambienti e per l’ambiente. Sani anche energeticamente, vibranti di energia vitale e positiva che io percepisco anche lavorandoli.
Nella natura c’è poesia ed armonia. Nella calce-canapa, la miscela che uso prevalentemente, il regno minerale e vegetale collaborano così come li si vede fare nel loro ambiente ed io collaboro con loro, nel rispetto delle caratteristiche e dei tempi del singolo, dell’altro e dell’influenza reciproca. Si crea una relazione armonica tra me e gli elementi.
Perché tra i vari materiali hai puntato su canapa e calce? Quali sono i vantaggi?
Ho scelto la calce-canapa perché ho intuito ampie possibilità di creare texture diverse, di giocare con i contrasti. E difatti è così: trovo la bellezza nell’equilibrio tra gli opposti. La curiosità, la voglia di sperimentare e la perseveranza mi hanno portato a reinterpretare materiali dell’edilizia antica portandoli dall’esterno agli interni. In un certo modo ne recupero la memoria storica, li riporto nel presente. E questo mi piace molto.
Da un punto di vista pratico, il composto calce-canapa, una volta asciugato, diventa un materiale rigido e resistente ma abbastanza leggero. Perciò, pur non essendo facile da usare per le mie creazioni poiché manca di plasticità, mi permette di realizzare complementi d’arredo, vasi e in generale le opere tridimensionali che realizzo.
La calce-canapa è igroscopica (trattiene l’umidità in eccesso, rilasciandola in situazioni di carenza), è traspirante ed è refrattaria alle muffe. Grazie a queste qualità, i vasi in calce-canapa non necessitano di fori di drenaggio, non serve il sottovaso e possono accogliere direttamente le piante, senza il contenitore di plastica, (la cui forma tra l’altro limita la scelta del portavaso).
Questo è un altro buon motivo per scegliere un dei miei vasi in calce-canapa, fanno bene anche alle piante. In fondo basta mettersi nei loro panni… Se tu fossi una pianta, preferiresti soffocare nella plastica o sentirti abbracciata da elementi corrispondenti alla tua “natura”?
Cosa può dirci degli altri materiali che utilizza come il Tadelakt?
Per la rifinitura dei miei pezzi, utilizzo vari tipi o miscele di calce e diverse tecniche applicative. Il Tadelakt è una di queste. Si tratta di un intonaco a calce, appunto, usato in Marocco sin dall’antichità per rivestire le cisterne, le fontane, le pareti degli ambienti umidi, come gli hammam e per impreziosire le pareti dei sontuosi riad. La calce per eseguire questa lavorazione proviene dalla zona di Marrakech. Il procedimento, lungo e complesso, consiste nella posa di due strati di calce ai quali segue la talocciatura per uniformarlo. Dopodiché, in due momenti diversi, l’intonaco viene compattato e lucidato passando sulla superficie, con un movimento rotatorio, due pietre di grana differente.
Successivamente, si stende a pennello il sapone nero marocchino, ottenuto dall’olio di olive nere, e si ripassa nuovamente la pietra a grana fine per lucidare e rendere impermeabile l’intonaco. Il risultato finale è una superficie estremamente liscia, compatta, lucida e impermeabile ma al tempo stesso traspirante. A distanza di circa un mese, è possibile dare una mano di cera naturale per rendere il Tadelakt ancor più lucente e impermeabile. Ogni passaggio va eseguito nel momento in cui la superficie è pronta ad accogliere la lavorazione successiva, momento che varia in base a molteplici fattori; un anticipo o un ritardo può vanificare tutto il lavoro.
Con una sintesi poetica, ”il Tadelakt è l’agire della pietra che schiaccia, compatta e poi accarezza e lucida una pasta morbida persuadendola senza fretta a tornare pietra. Così io vivo questo gesto antico. Anche in questo caso, ho dovuto inventarmi un’attrezzatura adatta a realizzare il Tadelakt sulle mie creazioni che hanno dimensioni più piccole e forme più complesse rispetto ad una parete. Ancora una volta, ho portato nell’arte un materiale da edilizia.
Gli altri materiali che utilizzo sono gli ossidi e le terre per colorare, gli olii e le cere naturali per proteggere o enfatizzare la superficie. Talvolta inserisco nelle mie creazioni degli elementi della natura, come foglie, cortecce e rami. E tutto partecipa all’unicità di ogni pezzo.
Le creazioni di Almarera sono fatte a mano? E sono pezzi unici?
Sì certo, realizzo solo pezzi unici, interamente fatti a mano. All’unicità partecipa anche quel margine di casualità che solo i materiali naturali offrono, è una sorta di “imprevisto previsto” che rende ogni creazione irripetibile, a cui contribuisce anche il mio gesto che in quanto essere umano, non è mai identico. Le mie “creature” sono come le creature umane: non ce n’è una identica all’altra. Unicità, integrazione e cooperazione sono qualità e modelli operativi palesati dalla natura e con i quali io mi sento in sintonia, sia per il “cosa” che per il “come” creo
Come sta andando l’attività di Almarera? Ha intenzione di ampliare la sua produzione ad altre creazioni?
Non è un momento storico facile e non è una società che premia e incentiva l’arte e l’artigianato. Tuttavia è un momento di grande trasformazione e noto che il valore del tempo, della cura nel fare, dell’unicità, dell’etica, del sano, stanno sempre più emergendo nella coscienza collettiva come bisogno, il bisogno di ben-essere più che di benessere per come lo abbiamo inteso negli ultimi decenni. I miei lavori ottengono riscontri positivi e le superfici catturano l’attenzione perché sono insolite. Questo certamente sostiene la mia determinazione nello sviluppo di nuovi progetti.
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