Anonymous: all’attacco per la difesa
“We’re Anonymous. We’re legion. We don’t forgive. We don’t forget. Expect us!”
Queste parole, che campeggiano sull’homepage del blog ufficiale di Anonymous Italia, rappresentano il motto a cui si ispira la comunità virtuale di hacktivist più dinamica degli ultimi anni.
Non è dato sapere chi faccia parte di tale organizzazione. Si sa solo che, come ha raccontato un membro italiano alla trasmissione Le Iene nel marzo del 2012, “Anonymous è un insieme di persone di qualsiasi tipo, età, natura e provenienza, che lotta per alcuni ideali, la libertà di espressione e la libertà di comunicazione”, e che si pone il fine di “garantire la libertà di informazione nei posti in cui sono i governi a limitarla”.
La sua struttura è totalmente orizzontale: nessun vertice, né gerarchie da seguire; non un sito Internet ufficiale, ma una moltitudine di portali Web.
Negli ultimi mesi, Anonymous è stata spesso citata sui media internazionali. Gli “attacchi” informatici messi in atto, infatti, sono stati numerosi. Ne sanno qualcosa i server della Polizia di Stato, dai quali, lo scorso ottobre, è stato trafugato circa un gigabyte di materiale suddiviso in 3500 file archiviati a partire dal ‘98. Tra i motivi di questa operazione, le richieste di maggiore trasparenza e l’introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano.
Un mese dopo, a finire nel mirino di Anonymous è stata Israele, con decine di milioni di tentativi d’intrusione alle pagine online delle istituzioni pubbliche nazionali. Tentativi, secondo le autorità, tutti respinti, a parte uno, che avrebbe messo fuori uso un sito – non identificato – per circa 10 minuti. La ragione a monte da cui è scaturita questa protesta è stata la difesa dei diritti della popolazione palestinese.
Un tema molto caro ad Anonymous è, poi, la lotta alla pedofilia. Non è un caso quindi se, a fine anno, sono stati violati 30 account Twitter nel mondo, scovando diverse foto di abusi su minori. E non è finita: per motivo analogo, un attacco è stato sferrato anche alla Chiesa, con la pubblicazione di un link, sul Web, dove poter scaricare la corrispondenza elettronica di Don Ruggeri, il sacerdote di Fano finito sotto indagine con l’accusa di aver molestato una bambina di 13 anni.
Insomma, le azioni perpetuate dall’organizzazione senza volto sono davvero molteplici, ma ce n’è ancora una che merita di essere menzionata: quella che ha colpito il sito web del Massachusetts Institute of Technology, in risposta alla morte di Aaron Swartz, l’attivista digitale di 26 anni impiccatosi a gennaio e che rischiava fino a 35 anni di galera per aver sottratto, al fine di diffonderlo, materiale segreto alla citata università di scienze informatiche. Anche quest’operazione è stata accompagnata da un messaggio, in cui si richiedevano una riforma delle leggi sui crimini informatici e maggiore libertà per quanto riguarda la circolazione delle informazioni.
Lorenzo Chiavetta
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