Alverman, il magico mastro chilumaio si racconta
Molti, soprattutto coloro che da anni seguono il mondo della cannabis e degli strumenti per fumatori, lo conoscono come Alverman il mastro chilumaio italiano per eccellenza, ma di lui si sa molto poco oltre al fatto che i suoi chilum da oltre 40 anni fanno scuola e che va spesso in India, meta fondamentale per chi produce questi strumenti artigianali. Finalmente siamo riusciti a raggiungerlo per conoscere meglio questo tanto misterioso quanto famoso artigiano.
«Tutti i miei amici mi conoscono come Massimo ma ormai mi chiamano Alverman anche i miei familiari. Sono pugliese ma non ho mai abitato in Puglia, sono sempre stato a Milano e poi a Brescia, per circa quarant’anni, adesso invece abito da 15 anni a Bologna». Così inizia la nostra chiacchierata, in cui svela finalmente il suo nome e il motivo per cui oggi è conosciuto da tutti come Alverman: «Quando avevo 15/16 anni mi hanno affibbiato il nome Alverman che si riferisce al protagonista di una serie televisiva che girava a quei tempi “Gianni e il magico Alverman” (Alverman è un folletto magico co-protagonista della serie), perché avevo la barba, giravo sempre con il mantello e facevo il mago. Suonavo anche il flauto e tutti mi dicevano che somigliavo all’Alverman del film così mi è rimasto il nome».
Quando è cominciata la tua avventura da mastro cilumaio?
Ho iniziato nel ’72 a Brescia, facevo la terza media, a quei tempi si usavano pipe in legno e metallo e qualche volta girava qualche chilum nero di Pondicerry (città dell’India), anche se la maggior parte della gente fumava i joint. A scuola mi ero appassionato alle lavorazioni con l’argilla e così ho pensato di modellare qualche chilum quasi per gioco e mi sono ritrovato tutta la piazzetta di Brescia che dopo averli usati mi chiedeva di modellarne altri. Fino al 1974 ho venduto chilum solo a Brescia e dintorni, ma veniva gente da tutto il nord Italia e molti non avevano mai fumato con i chilum di terracotta. Dopo qualche tempo iniziai a girare per festival e concerti ma nessuno conosceva i chilum, a parte quelli che erano stati in certe parti dell’India o qualcuno che conosceva gente che li usava. La prima volta che sono andato in India mi sono accorto che anche lì quasi nessuno li fumava, a parte i Baba e qualche Europeo (quasi tutti Italiani). All’inizio gli indiani erano diffidenti del fatto che un italiano facesse i chilum ma neanche un anno dopo il mio arrivo la maggior parte della gente aveva cambiato idea, anche perché i chilum indiani erano cotti male e si rompevano quasi solo a guardarli mentre i miei erano fatti con terra italiana e cotti bene (anche se meno belli): non si rompevano e si fumavano anche meglio perché assorbivano di meno. Nel tempo trascorso in India – in Parvati Valley, Pushkar, Goa e specialmente a Hampi – sono migliorato molto e quando sono tornato, l’anno dopo, avevo mezzo zaino pieno di chilum e sono stato ripagato dai complimenti ricevuti dagli acquirenti.
Il mondo dei chilum è cambiato in questi anni?
Il mondo dei chilum è cambiato di molto, una volta era un momento di aggregazione molto sentito, oggi invece per molti è diventata una moda. Il cambiamento è arrivato specialmente dal 2008 quando uscirono le nuove leggi che penalizzavano pesantemente.
Hai collaborato con molti personaggi, anche Kaio ci ha raccontato di essere stato tuo allievo… quante persone hai istruito in questi anni? C’è qualcuno in particolare che vuoi ricordare?
Vere e proprie collaborazioni le ho avute con Antonio Caroli (Jungle) che mi ha scolpito un po’ di chilum e Fior di Loto. Dopo con gli altri chilumari ho avuto scambi di esperienze, tipo Renzo, con cui abbiamo vissuto molto tempo negli stessi luoghi e Lupino. Ho avuto allievi già con qualche esperienza, come Kaio e Mat, ed altri che ho scelto di varie nazioni tra cui Moura (Brasile), Marios (Polonia), Kengo (Giappone) Lucifer (Israele). Vorrei ricordare tra i chilumari a cui ho insegnato il mestiere Charly di Bologna e Lionel, francese, che non ci sono più ma erano arrivati a dei prodotti eccellenti.
Hai qualche suggerimento per chi vuole acquistare un chilum (anche per l’uso)?
I suggerimenti per comprare un chilum sarebbero molti, anche perché al giorno d’oggi con tutti i tipi di fumo, erba ed estratti ci sono valide ragioni per usare un chilum appropriato. Ad ogni modo è necessario fare un po’ di esperienza per capire che chilum usare: non tutti hanno le stesse esigenze c’è chi lo preferisce che tiri molto e chi che tiri poco, oppure ci lo preferisce che si fuma in due, quattro, sei, dieci insomma ci sono molte varianti. Una volta capite le varianti che si preferiscono si passa alla variante bellezza, perché anche l’occhio vuole la sua parte.
Le tue wedre hanno dei rivoli, tecnica usata da pochi mastri chilumai. Come mai?
Personalmente ritengo che le pietre migliori sono quelle con otto tagli, anche se quelle esagonali mi piacciono molto, ci sono pregi e difetti per entrambe. Quelle con otto tagli non scendono molto e tirano bene (se sono fatte bene) però ci vuole più pazienza per pulirle, anche quelle esagonali tirano bene e si puliscono molto più rapidamente ma dopo un po’ “scendono”. Va tenuto presente che per fare una pietra con otto tagli ci vuole lo stesso tempo che impiego a farne 5/6 esagonali, quindi anche il prezzo cambia. Poi ci sono le pietre molto lunghe, addirittura a pulsante, che essendo cosi lunghe fanno tirare di meno il chilum e che per alcuni vanno molto bene. Dipende sempre dai gusti.
Tu come fumi il chilum?
In Italia non fumo perché ho avuto troppi problemi, fumo in india. Ormai sono arrivato ad un punto che fumo per star tranquillo e quindi se devo star in occhio per evitare problemi preferisco non fumare.
Stai ancora in Montagnola a Bologna (Covid permettendo)?
Ho lasciato la Montagnola un po’ per la situazione attuale e un po’ perché mi ero stufato, ma prima o poi ci ritornerò.
Dove si possono trovare i tuoi chilum?
I miei chilum si possono trovare su facebook dove il mio profilo è Alvermangoa Fanelli e Alvermangoa Chillum ed instagram Alvermangoa chillum.
Un caloroso saluto a tutti i fumatori di chilum e non, e a tutti coloro che mi seguono ancora oggi.