Allevamenti: a “Report” nuove immagini sulle terribili condizioni degli animali
Una nuova inchiesta ha mostrato le condizioni degli allevamenti che fanno parte del circuito DOP del Prosciutto di Parma. L'altra faccia del made in Italy
Dopo l’ultima puntata di Report che ha acceso nuovamente la luce sulle condizioni degli allevamenti nel nostro paese, in particolare su chi è delegato ai controlli, la prima domanda che viene in mente è: di quante altre inchieste del genere abbiamo bisogno affinché le cose cambino davvero?
Da molti anni la giornalista Giulia Innocenzi documenta la situazione degli allevamenti intensivi. Mesi fa aveva mostrato a tutti la non vita dei polli, ammassati in capannoni che sono vere e proprie fabbriche di animali. Questa volta, sempre per Report, ha rivolto l’attenzione verso i circa tremilaseicento allevamenti che fanno parte del circuito DOP del Prosciutto di Parma.
Se, come è vero e documentato dalle immagine mandate in onda, esistono realtà come l’allevamento del Cremonese infestato dai topi in cui per rimediare viene utilizzato il rodenticida, ma anziché metterlo “in contenitori per esche a prova di manomissione”, come recitano le istruzioni per l’uso, viene sparge nei corridoi e sulle gabbie delle scrofe. In questo modo a ingerirlo non sono soltanto i roditori, ma inevitabilmente anche i suini.
O come dall’allevamento in provincia di Brescia, dove le carcasse dei suini vengono lasciate all’aperto per diversi giorni, anziché essere trasferite in una cella frigo in attesa che le ritiri una ditta di smaltimento specializzata. Un comportamento contrario alle norme di biosicurezza e che potrebbe favorire la diffusione di virus e patologie.
O ancora come l’allevamento in provincia di Modena, dove un operatore è stato immortalato mentre dà calci ai suini, li tira per le orecchie o per la coda, è normale chiedersi chi sia l’autorità chiamata al controllo perché è difficile capacitarsi di come tutto ciò avvenga in alcuni degli allevamenti dell’eccellenza delle DOP Made in Italy.
Ebbene, i controlli sono affidati in primis ai servizi veterinari, che hanno il compito di vigilare sulle condizioni delle strutture e degli animali, per verificare che sia garantito il “benessere”.
Il secondo livello, che monitora soltanto gli allevamenti i cui suini finiranno nel circuito delle DOP, è garantito invece dall’ente certificatore. Nel caso del Consorzio del Prosciutto di Parma ad occuparsene dal 2020 è il CSQA, il principale ente italiano che controlla più di settanta prodotti.
Eppure ad un certo punto, a seguito di una segnalazione di alcuni dipendenti, il ministero dell’Agricoltura aveva appreso che il CSQA era “più orientato ad assecondare le esigenze della filiera che preoccupato del rispetto della conformità al disciplinare” e così aveva deciso di sospenderlo. A dicembre dell’anno scorso però il ministero ora diretto da Francesco Lollobrigida ha confermato nuovamente l’incarico al CSQA per i controlli al Prosciutto di Parma per i prossimi tre anni.
Sulla base di quali garanzie è stata presa questa decisione?
Tolstoj disse che se i macelli avessero avuto le pareti di vetro probabilmente saremmo tutti vegetariani. Le pubblicità mostrano animali felici che pascolano, ma è finzione. La realtà è fatta di sofferenze, e dall’alto evidentemente non c’è l’interesse a cambiare le cose.