Africa e cannabis: è boom di esportazioni
Mama Africa continua ad essere un Paese in cui le multinazionali puntano per i loro affari: è la volta del mercato della cannabis
A causa dell’incremento della domanda di cannabis in Europa e nel resto del mondo, anche nel continente africano stiamo assistendo ad una crescita inesorabile del settore, che si stima possa realizzare quest’anno un vero e proprio boom.
AFRICA, MULTINAZIONALI E CANNABIS
Solo a titolo d’esempio, la multinazionale con base in Canada e USA Instadose Pharma, lo scorso dicembre, al posto delle renne di Babbo Natale – forse anche a causa delle alte temperature – ha preferito utilizzare un immenso bastimento per trasportare la cifra record di 2 tonnellate di cannabis destinata al mercato medico dal Sudafrica alla Grecia (che ha da poco legalizzato l’uso della cannabis terapeutica). Non a caso questa stessa corporation sta lavorando per creare la più grande fornitura continua al mondo di cannabis medicinale e stabilisce le sue operazioni in stati come Congo e Sudafrica.
Che in Africa le multinazionali straniere facciano immensi profitti non è certo una novità, ma finora il ricco mercato di cui eravamo a conoscenza riguardava prevalentemente minerali e materie prime preziose. Nel corso degli ultimi decenni comunque, anche il fenomeno del land grabbing è diventato una vera e propria piaga in tutto il Sud del Mondo e particolarmente in Africa, andando ad intaccare anche il settore agricolo, in particolare per la produzione estensiva di biocarburanti per i Paesi ricchi.
Ora il Primo settore africano si pregia di una new-entry d’eccezione nel mercato agricolo legale: la canapa, vista l’estensione di questo continente e del clima che ne fanno il territorio ideale per la coltivazione outdoor su larga scala. Il lato senza dubbio positivo è che, al contrario della deturpazione del territorio e delle genti in atto in numerosi Stati africani a causa dello sfruttamento intensivo del sottosuolo per l’estrazione di minerali preziosi, questa pianta ha il potere di rigenerare i suoli, contribuire al sequestro del carbonio e apportare benefici sociali ed economici agli agricoltori.
LA COLTIVAZIONE DELLA CANNABIS RIMANE ILLEGALE PER USO INTERNO
Peccato che alla fine a beneficiarne siano prevalentemente i Paesi stranieri a cui sono destinate le esportazioni da questo continente, a causa di agevolazioni fiscali che vanno sempre a favore delle multinazionali straniere e a causa del fatto che nella stragrande maggioranza degli Stati africani la coltivazione della cannabis per uso interno al continente sia ancora illegale. Questo però non ha impedito il fiorire di numerose partnership con Paesi d’Oltreoceano, come dimostra la multinazionale sopracitata, che hanno permesso l’esportazione di questo prodotto.
Uno studio del 2019, intitolato “The african cannabis report”, evidenziava già che “se i nove maggiori produttori di cannabis (Sudafrica, Zimbabwe, Nigeria, Lesotho, Marocco, Malawi, Ghana, Eswatini e Zambia) legalizzassero completamente la coltura, non solo vi sarebbe una regolamentazione dei lavoratori, ma si creerebbe un nuovo mercato per il continente, capace di imporsi a livello mondiale”.
Ma nulla, la situazione della produzione di cannabis legale in Africa rimane estremamente contraddittoria, con rare eccezioni che confermano la regola, tra cui il Lesotho, che già nel 2008 ha deciso di legalizzare la coltivazione di cannabis a scopo terapeutico, lo Zimbabwe che ha emulato il Lesotho nel 2017 per la coltivazione a scopo terapeutico,seppur con molte contraddizioni, il Sudafrica che l’anno dopo dopo ha legalizzato l’uso e la coltivazione a scopo personale. Per non parlare dei casi paradossali di Etiopia e Marocco, in cui buona parte delle coltivazioni sono destinate alla cannabis, seppur le leggi statali ne proibiscano ancora ufficialmente la sua coltivazione!
Non manca di leggi contraddittorie anche l’ultimo Paese africano in ordine di tempo che sta aprendo il suo mercato, ma esclusivamente per l’esportazione: il Ruanda, che ha già designato quest’anno 134 ettari del suo territorio nazionale alla produzione di cannabis. Secondo la legge locale infatti, se un ruandese viene trovato in possesso di cannabis, oltre ad una grossa multa (da 540 dollari a circa 5mila in un paese in cui il reddito medio mensile è di circa 200 dollari), il consumatore può anche vedersi comminata una pena detentiva da tre a cinque anni.
A quanto pare dunque, gli africani dovranno ancora aspettare del tempo per l’armonizzazione delle norme in materia di cannabis… e dire che fu proprio Mama Africa migliaia di anni fa a dare i natali ai primi fruitori di questa meravigliosa pianta, come viene illustrato nel libro “The African roots of Marijuana”.
Articolo a cura di Veronica Tarozzi