Sull’acqua di Fukushima non sono tutti d’accordo. Ecco perché
Il Giappone ha ottenuto il via libera per versare in mare l’acqua di raffreddamento della centrale nucleare di Fukushima, filtrata e diluita. Però non tutti, anche all'interno della comunità scientifica,sono d'accordo
Il governo giapponese potrebbe presto rilasciare gradualmente in mare le acque trattate provenienti dalla centrale nucleare di Fukushima, utilizzate per raffreddare i reattori parzialmente fusi dopo il devastante tsunami del 2011.
Queste acque, pari a un milione di tonnellate (equivalenti a oltre 500 piscine olimpioniche), sono state filtrate per rimuovere la maggior parte dei materiali radioattivi, ad eccezione del trizio, un isotopo dell’idrogeno difficile da eliminare dall’acqua.
Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), un’organizzazione autonoma all’interno del sistema delle Nazioni Unite, che ha esaminato i protocolli sviluppati dal governo giapponese per il rilascio, questi sarebbero adeguati e il rischio sulle persone e sull’ambiente “trascurabile”.
Il trizio è considerato poco pericoloso per la salute umana perché non può penetrare attraverso la pelle, sebbene possa avere degli effetti sulle molecole del DNA. Può però essere inalato o ingerito se si trova nell’acqua o nel cibo. Dato che gli scienziati pensano che in grandi quantità possa essere dannoso, in tutto il mondo sono stati fissati dei limiti sulla quantità di trizio che può essere contenuto nell’acqua potabile; variano molto tra i paesi in base al livello di cautela scelto.
Non si è fatta attendere la protesta dei paesi vicini come Cina, Hong Kong e Corea del Sud, che hanno reagito negativamente alla prospettiva del rilascio delle acque trattate. La Cina ha criticato il Giappone per non aver sviluppato procedure sufficientemente sicure e trasparenti e ha vietato diversi alimenti provenienti da alcune prefetture giapponesi. Hong Kong ha minacciato di vietare la vendita di prodotti ittici provenienti da dieci prefetture giapponesi, causando un potenziale disastro commerciale per il Giappone, poiché è il suo secondo mercato per i prodotti ittici. La Corea del Sud è preoccupata per il sale marino proveniente da Fukushima, poiché i cittadini temono la contaminazione alimentare.
In disaccordo anche i pescatori locali che temono che il rilascio dell’acqua possa danneggiare l’industria ittica costiera. Dodici anni fa, infatti, 55 paesi hanno imposto restrizioni all’importazione di alcuni prodotti alimentari giapponesi dopo l’incidente della centrale innescato dal terremoto di magnitudo 9 e il successivo tsunami. Una petizione per una moratoria tra le comunità costiere ha raccolto molte firme.
L’AIEA, insieme alla diplomazia giapponese, sta cercando di rassicurare tutti riguardo alla sicurezza del rilascio delle acque trattate. Il direttore dell’AIEA, Rafael Grossi, ha ribadito che le indagini sono state accurate e protratte per molto tempo ma è pur vero che la comunità scientifica non conosce ancora con esattezza quali possano essere le conseguenze dell’accumulo di sostanze radioattive negli organismi marini.