L’accesso legale al CBD fa calare le prescrizioni di oppiacei
E' il risultato di un nuovo studio scientifico ottenuto dall'analisi di 10 anni di dati dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) americani
“Abbiamo scoperto che la possibilità di acquistare legalmente il CBD porta a una riduzione delle prescrizioni di oppiacei compresa tra il 6,6 e l’8,1%“.
Lo scrivono gli autori di un nuovo studio scientifico pubblicato sul Southern Economic Journal che è stato realizzato dagli economisti associati al Wofford College con sede nella Carolina del Sud e alla California State University Bakersfield.
CBD: CON L’ACCESSO LEGALE AI PRODOTTI CALANO LE PRESCRIZIONI DI OPPIACEI
I ricercatori chiariscono che non è stata solo la legalizzazione del cannabinoide a portare alla riduzione della prescrizione di oppiacei, ma che la condizione che si deve verificare è quella dell’accesso legale ai prodotti che lo contengono.
“In generale, troviamo che la legalizzazione a livello statale dei prodotti CBD porta a una riduzione statisticamente significativa delle prescrizioni di oppioidi solo quando gli stati consentono anche dispensari aperti e legali, suggerendo che è necessario un adeguato accesso dal lato dell’offerta per realizzare i potenziali benefici della legalizzazione”.
“Il nostro articolo fornisce importanti prove preliminari del fatto che il CBD può effettivamente ridurre i tassi di prescrizione di oppiacei”, hanno affermato gli autori. “Anche se i prodotti a base di CBD potrebbero non essere necessariamente la panacea con cui vengono commercializzati, sembrano essere sostituti netti degli oppioidi.”
I ricercatori hanno concluso che il loro studio è solo un assaggio dei benefici positivi del cannnabinoide e del suo effetto sulle prescrizioni di oppiacei. “Mentre è necessario ulteriore lavoro per comprendere il grado in cui i nostri risultati sono generalizzabili al mercato da banco del CBD, i nostri risultati suggeriscono che i responsabili politici dovrebbero considerare i costi della regolamentazione e bilanciare attentamente i compromessi tra garantire la qualità e limitare accesso al CBD”, hanno affermato gli autori nella loro conclusione.