Abbiamo davvero bisogno di Zeta?
Premessa doverosa: questo scritto non vuole essere una critica aprioristica al film. Ben sappiamo quanto pochi minuti di trailer incidano relativamente sul computo finale, ma non possiamo nascondere che la preview di “Zeta“, il film sull’Hip Hop italiano di Cosimo Alemà, ci abbia lasciato l’amaro in bocca. Proviamo a spiegare perché.
Pretese elevate
“Zeta – Una Storia Hip Hop” sarà nelle sale cinematografiche a partire dal prossimo 28 Aprile. Il film si propone, leggiamo, di «raccontare, senza filtri, i giovani di oggi e il mondo del rap in Italia attraverso i volti e le voci di alcune delle giovani promesse hip hop e cinematografiche italiane». Nell’intervista rilasciata in anteprima a Coming Soon, il regista annunciava di aver dato vita ad un «film-manifesto/generazionale, che spiegasse ai giovani e non solo uno dei movimenti culturali giovanili più importanti degli ultimi venticinque anni», che non fosse solo «un film di e con la musica rap, ma anche una storia di amicizia e amore tra adolescenti». Cosimo Alemà si è prefissato una missione pretenziosa e di certo non facile da assolvere, ma probabilmente potrebbe essere il regista adatto, al pari di pochi altri (leggi Manetti Bros), a trasportare al cinema una storia che parli con coscienza di Hip Hop, avendo sul tema esperienze pregresse di riconosciuto valore (vedasi alcuni video eccellenti, come “Pane e Merda” del TruceKlan, su cui torneremo, nonché molte delle migliori clip di Fabri Fibra, Marracash e Casino Royale).
Il protagonista del film è IZI, astro nascente della trap italiana, sotto contratto con Sony e protetto di Shablo, che ha confezionato, assieme a Mace, il bel beat di “Chic“, suo ultimo singolo. Con lui, venti rapper più o meno mainstream interpretano se stessi, dal freestyler Ensi al maestro di cerimonia Clementino.
Cliché
Il trailer racconta più di quanto non abbiano fatto pay-off e interviste in anteprima: in questi due minuti si anticipa, infatti, la storia di un ragazzo qualunque, proveniente dalla periferia di Roma che lo ha sempre imprigionato, che vorrebbe sbarcare il lunario con la musica. Nel mentre si disimpegna in lavoretti saltuari, ha amici, un difficile rapporto col padre che mai lo ha supportato ed una bella ragazza cui dedica le migliori intenzioni. Tutto bene, fin quando un discografico senza scrupoli, che a bordo piscina si fa limare le unghie da una intrattenitrice (!!!), gli fa la proposta della vita: metti da parte il rap, giovanotto, e fai un disco pop che svolti le classifiche. Lui rifiuta assertivo, ma nei frame successivi pare invece conoscere il successo che gli sconvolge la vita, tanto da mettere in crisi i rapporti pre-ribalta, con gli amici e la ragazza di sempre. E poi risse, droghe, alcol. Bastano come cliché, di grazia?
Guarda il trailer
Le domande nascono spontanee: il film pretende, come nelle parole di Alemà, di spiegare ai giovani il movimento culturale globale che è l’Hip Hop, oppure prova a spiegare i compromessi, talvolta le marchette, del rap italiano che si è affacciato agli ambienti mainstream negli ultimi tempi? E perché, per farlo, ha trovato necessario immergersi in tutti gli stereotipi possibili (il disagio, la periferia, il dissenso dei genitori, la discografia cattiva vs l’arte buona)? Infine, perché l’autore stesso, che in quel “Pane e Merda” estremizzava fino al parossismo la vendita del rap al mercato come carne da macello (2008), ha puntato l’attenzione proprio sul successo discografico dell’Hip Hop, piuttosto che sui suoi valori così lontani da dinamiche di mercato?
Considerazioni preventive
Zeta relega, nelle stesse parole dell’autore, l’Hip Hop a movimento generazionale ad assoluta impronta giovanile e pretende di essere il primo film in assoluto sul rap italiano. Gli attori sono solo alcuni degli interpreti principali del genere, avendo conosciuto il successo grazie a talent show o progetti easy listening, ma anche, come Ensi, Noyz Narcos e Salmo, grazie all’attitudine selfmade ed una coerenza di fondo.
I cliché, infine, possono portare a pregiudizi: riferendosi ad un pubblico poco scafato, il film potrebbe proporre un’idea parziale del mercato e del successo discografico – in particolare se riferite ad un Paese che ha difficoltà a comprendere come funzionano determinati meccanismi, ancora imperniati sulla dicotomia «discografico ricco/cattivo – artista buono/sprovveduto». Il fatto che personaggi di punta, che il successo l’hanno conosciuto anche senza imbattersi in professionisti senza scrupoli, facciano passare in prima persona questo messaggio, quasi legittima questa visione forse distorta del mondo della musica. Per ciò che si evince dal trailer, ribadiamo, in maniera parziale, non basterà a “Zeta – Una Storia Hip Hop” averli chiamati a raccolta per riuscire nell’intento di spiegare il rap italiano come movimento culturale prima e meglio di tutti gli altri.