A Pasqua “Salva un agnello”
Ero al parco con Ulisse, il mio compagno a quattro zampe, quando la mia attenzione è stata catturata dalla voce di una ragazza che tentava di far addormentare il bambino a suon di ninna nanna: “Stella, stellina la notte si avvicina: la fiamma traballa, la mucca è nella stalla. La mucca e il vitello, la pecora e l’agnello, la chioccia coi pulcini, la mamma coi bambini. Ognuno ha la sua mamma e tutti fan la nanna”.
Ognuno ha la sua mamma… “Sai bene che non è così! Non tutte le mamme delle altre specie hanno il piacere di godersi i propri cuccioli e i piccoli non hanno la possibilità di crescere avvolti dal calore della propria mamma”, le avrei voluto ricordare!
Non so per quale recondito motivo, invece di dirle ciò che pensavo, inebetita, sono rimasta in silenzio, con la filastrocca che mi risuonava nella testa e mi proiettava davanti agli occhi il destino di migliaia di vitellini, pulcini e agnellini strappati alle mamme per finire smembrati, avvolti nel cellophane e sistemati nei reparti dei supermercati. Spesso mi torna in mente un ricordo di quando ero bambina, legato a quando accompagnavo mia mamma a fare la spesa: non dimenticherò mai il vassoietto di plastica ricoperto di pellicola trasparente contenente la testa dell’agnellino con l’occhietto spento e i dentini da latte che spuntavano fuori dal musetto senza vita.
Tra poche settimane sarà di nuovo Pasqua. Inizierà la mattanza degli agnelli e i reparti dei supermercati si riempiranno di quei vassoietti con tante piccole teste e pezzi di corpi irriconoscibili.
Gli agnellini, quelli fatti di carne e ossa, non quelli propinati dai giornali e dalle pubblicità, vengono tolti alle mamme ad un mese di vita per essere macellati. Non hanno il tempo di godersi l’amore e il calore delle genitrici, non hanno modo di assaporare l’erba, non hanno il piacere di saltellare liberi o giocare come amano fare tutti i cuccioli di ogni specie. I piccoli, prima di essere portati al macello, vengono separati brutalmente dalle mamme grazie a cancelli e divisori. Gli agnellini rimangono intrappolati e in preda al panico, scalciano, si agitano, corrono, cercando inutilmente il loro unico punto di riferimento. Al di là della barricata, le mamme belano disperatamente a gran voce, li chiamano, li cercano, vogliono ricongiungersi a loro. Il momento è straziante e le urla di entrambi rimangono salde in testa.
Dopo la separazione, gli agnellini vengono presi per le zampe, per la coda, per il collo dagli allevatori, i quali, dopo avergli legato le zampe anteriori, li appendono ad un gancio in gruppi di 14-15 per pesarli (manovra illegale). In preda al terrore si dibattono per divincolarsi. Dopo la pesatura, gli animali vengono gettati sui camion per essere portati al macello, dove, smarriti e spaventati, piangono disperatamente con la speranza di essere sentiti dalle proprie mamme. “L’agnello è un cucciolo – dice Roberto Marchesini, etologo, filosofo e saggista, fondatore della Scuola Interazione Uomo-Animale (SIUA) – e come tutti i cuccioli ha bisogno di avere accanto una mamma che si prende cura di lui e lo tiene in una condizione di serenità. In una folla di agnelli stipati in uno spazio angusto non c’è solo l’orrore per la mancanza dei requisiti minimi di benessere. Dobbiamo immaginare una folla di bambini, al di sotto dei due anni, che disperatamente cercano la mamma e piangono senza conforto e ininterrottamente, giacché la loro paura è aumentata dal pianto degli altri cuccioli, dalle urla degli uomini, dalle caratteristiche dell’ambiente, dall’odore della sofferenza e del sangue. Poiché gli agnelli hanno un sistema emotivo molto sensibile e sono più portati a spaventarsi rispetto agli umani, possiamo affermare che provano più paura dei bambini”.
Ogni anno, migliaia di agnellini subiscono lo stesso trattamento, e mentre le mamme piangeranno per giorni, i piccoli vengono macellati subito dopo la separazione. Arrivati agli stabilimenti vengono indirizzati verso l’imbocco del reparto dove si compirà l’atto; gli addetti li appendono, li stordiscono con l’elettronarcosi (tecnica non sempre funzionante, spesso gli animali sono ancora coscienti), e infine li sgozzano uno dopo l’altro. Gli animali si dimenano e scalciano fino a quando non giunge la morte per dissanguamento. Il pavimento si tinge di rosso e l’odore nauseabondo di sangue invade il luogo della mattanza. Quest’anno, prima di mettere in tavola l’agnello, vi consiglio di documentarvi guardando l’investigazione “Salva un agnello”, lanciata nel 2013 da Animal Equality, l’organizzazione internazionale per i diritti animali. Io ho provato a descrivervi quello che i ragazzi, sotto copertura, hanno denunciato, ma se avete voglia di approfondire l’argomento, potete leggere il diario dell’investigazione e vedere il video girato negli allevamenti e macelli di ovini.
Uno degli esperti che ha visionato il filmato, Bernard E. Rollin, professore di Filosofia e Scienze Animali, ha dichiarato: “Personalmente, ho seri dubbi che una persona qualsiasi possa riuscire a mangiare l’agnello dopo aver visto questo filmato”. L’unico modo che abbiamo per fermare questa strage, che si compie ogni anno, non solo a Pasqua, è non ac- quistare l’agnello e sottoscrivere il nostro impegno in diversi modi sul sito della campagna: www.salvaunagnello.com.