Noyz Narcos presenta Enemy: “Non mi riconosco nel rap di oggi”
Come un moderno stornellatore, Noyz Narcos racconta continua a raccontare la vita di quartiere nei suoi angoli più bui, mettendo in luce le contraddizioni di una società in cui vincono i soldi, la violenza e la sopraffazione.
L’occasione è stata la presentazione di Enemy, il nuovo lavoro del rapper romano che dopo Guilty e Monster utilizza ancora una singola parola in inglese per condensare il senso del proprio lavoro, con le grafiche affidate a Scarful, e che da buon appassionato di film horror uscirà venerdì 13 aprile. Il singolo che ha anticipato l’uscita è “Sinnò me moro”, omaggio alla cantante popolare Gabriella Ferri, che Noyz Narcos ha raccontato di aver campionato già 10 dieci anni fa, senza poi averlo mai utilizzato.
Chi gli chiedeva se sarà davvero il suo ultimo disco ha ricevuto una risposta sibillina: “Potrebbe essere il mio ultimo disco: il primo l’ho fatto nel 2003 ed oggi siamo nel 2018, magari avrò voglia di fare altro e col mio repertorio potrei andare avanti a suonare”, ha spiegato il rapper romano facendo intendere che non gli dispiacerebbe tornare a tatuare o esordire come imprenditore aprendo un locale all’estero. “Mi piacerebbe andarmene con stile e levarmi dalle palle prima di degenerare”, ha precisato parlando del suo futuro.
Il paragone con i cantautori del passato non lo spaventa: “I rapper sono molto meglio dei cantautori che oggi sono sempre più rari: tutti i cantanti si fanno scrivere i testi da altri, i rapper li scrivono e li cantano. Inoltre nel pop italiano si parla prevalentemente d’amore mentre i rapper affrontano tutte le tematiche andando al di là”. E nemmeno il confronto con le nuove leve del rap italiano: “E’ cambiato tutto da quando ho iniziato a fare musica io, soprattutto nell’approccio. Gli artisti di oggi sono più fortunati perché il lavoro sporco l’abbiamo fatto noi e io non mi riconosco in quel genere che sta andando adesso. Il rap è diventato molto più pop”. E’ cambiato proprio il tipo di musica: “Quest’onda nuova della trap è tutta più orecchiabile, mentre prima era molto più difficile approcciare a questi gruppi che strillavano con la bava alla bocca, è un’altra cosa”. Non solo, perché: “Noi facevamo musica per sfogare questa cosa, oggi l’approccio è quello di fare musica per fare i soldi, che è anche giusto, ma il rischio è quello di accettare tante cose che ti snaturano”. Comunque nessuna critica, solo la constatazione che si tratti di cose diverse: “Sono contentissimo per loro ed era ora che anche in Italia si potessero fare i soldi col rap e si raggiungessero questi risultati: è sempre stato un tipo di musica per la quale prima ti consideravano un reietto”.
A maggio partirà il tour estivo e poi i numerosi firma-copie che “son troppi, non son tanti. Mi fa piacere incontrare tutti ma non è un momento in cui condividi qualcosa, è una scena tipo mandriani che ti spingono con la frusta a fare le foto”.
Sei stato tra i primi in Italia ad inserire parole in inglese nei testi senza essere ridicolo, ed oggi sembra che non usi due o tre parole in simil-americano non si possa fare un pezzo rap, che ne pensi?
Mi disse una cosa molto figa Fritz The Cat: “Roccia, ma tu sei incredibile, sei l’unico che riesce ad usare le parole in inglese senza sembrare un coglione, perché comunque le dici in romano”. La verità è che dopo un po’ la lingua italiana è limitante e mi serviva una rosa di rime diverse, tronche, è l’inglese mi ha aperto un mondo. La vera rivoluzione è stata con “In the panchine”, dove abbiamo capito che la cosa veramente figa era iniziare la rima in italiano e chiuderla in inglese, che fa ancora più ridere.
Ho sempre avuto l’impressione che tu sia uno maniacale nell’approccio al lavoro, è così?
Abbastanza, quantomeno mi faccio un sacco di paranoie per perfezionare tutto al meglio, per quanto possa.
Tu rappi creando immagini, è una cosa che deriva dal fatto che dipingevi e tatuavi o scrivi proprio così?
Probabilmente sì, ma anche per il fatto che ho sicuramente visto più film di quanti libri abbia letto e quindi mi risulta più facile immaginare una cosa. Sono schiavo di quell’immaginario e anche nei primi video cercavamo di creare delle immagini chiare che ti riportassero in determinati mondi.
Spesso hai espresso una visione nichilista, anti-tutto, un po’ punk, che agli inizi in Italia ha avuto tanto a che fare con la nascita del rap…
Io avevo un sacco di amici che facevano punk, grindcore e hardcore e spesso preferivo andare a quei tipi di concerti visto che ero cresciuto con quell’attitudine e quell’immaginario, piuttosto che ad un concerto rap, anche se poi ho portato avanti tutti e due. Però sicuramente ha influito un botto.
Fin dagli inizi hai sempre dato voce al disagio, con anche delle esagerazioni che provengono dal mondo horror-core, facendo dei ritratti crudi ma molto realistici della periferia. E’ una cosa che ritrovi nel rap di oggi?
Dipende sempre dai gruppi: ci sono diverse realtà e ognuno porta in scena il suo tipo di turbe e di idee. Chiaramente oggi c’è molta più attenzione nel fare una canzone orecchiabile mentre prima gli si dava meno attenzione, o al massimo si inseriva un ritornello mezzo cantato, col risultato che spesso venisse fuori una mezza merda. La trap ha avuto il vantaggio di utilizzare queste melodie che piacciono e sono masticabili da tutti. Il rap di prima era una cosa martellante ed era normale parlare di cose forti perché davano più spessore alla musica. Questo genere qui è talmente tanto gradevole che non è che lo devi per forza infarcire di brutalità per renderlo figo, anzi, puoi pure alleggerirlo molto che è figo lo stesso.
“La maggior parte della gente non segue i suoi sogni, noi li inseguiamo in carovane, circo Togni”. Su questo concetto della crew, specialmente ai concerti ed anche oggi che sei un solista, hai sempre insistito molto. Come mai?
Siamo cresciuti in branco sempre abituati a muoversi in tanti prima coi motorini e poi con diverse macchiante in carovana spostandoci in tutta Italia per i concerti. E’ divertente, te la vivi meglio e hai anche meno stress da affrontare se sali sul palco in gruppo. Per fortuna son sempre stato accompagnato da Dj Gengis con cui ho iniziato a fare musica per cui spesso nelle pause fra un pezzo e l’altro ci prendiamo per il culo a vicenda come due vecchi amici ed alla gente piace, perché è bella l’aggregazione e vedere persone che insieme riescono a creare qualcosa di figo. Poi le cose cambiano ed è inevitabile che si intraprendano carriere soliste.
Tema del controllo sociale e del complotto: c’è in tutti i dischi da Ministero dell’Inferno con ampie divagazioni su soldi e corruzione. Pensi che la società italiana sia basata su questi temi? E in Italia viviamo questo sistema senza accorgersene?
La gente lo sa ma è talmente complicato da approfondire che tante volte si dice: “Ma in Italia è così, si sa”. E’ un modo di accettare tutto quello ti viene fatto che ci ha portato a questo punto. Io mi ricordo quando andavo a scuola, c’era una manifestazione ogni sabato e la gente si opponeva, si ribellava, c’erano le assemblee a scuola, c’era sempre un gruppo politico. Si dice che l’essere umano accetta tutto e si adegua a tutte le situazioni: ecco perché quando chiudi una persona in cella, ci può stare anche dieci anni. Si sono tutti abituati alle cazzate che ci hanno propinato e ci siamo trovati a questo punto.
Che cosa rende felice Emanuele Frasca?
Non son mai contento io, son sempre insoddisfatto! Mi rende felice stare con gli amici, con la gente vera, con la famiglia mia; mi rende felice suonare dal vivo e mi fa piacere quando riesco nelle cose che faccio e quando la gente mi fa i complimenti; come tutti quanti, penso.
Come vedi sto fenomeno della cannabis light?
Io personalmente non la fumo, perché sono abituato alla vecchia guardia, però trovo che sia quantomeno un piccolo spiraglio. Per come è l’Italia non pensavo che l’avrebbe approcciata da un giorno all’altro in questo modo. Ho visto tante persone che avevano smesso di fumare che la trova una cosa migliore rispetto al fumare alla vecchia maniera e sicuramente è meglio delle sigarette, quindi ben venga.
Tu che rapporto hai con la cannabis? Sei uno che si sveglia alla mattina con voglia di girare subito la prima?
Ma no, da ragazzini ci facevamo un sacco di canne ma adesso se devi lavorare non è che ti puoi svegliare la mattina e farti una canna. Poi non disdegno, mi è sempre piaciuto fumare.
E prima di scrivere in genere fumi?
Dipende dalle situazioni: può essere che a volte fumo ed altre preferisco rimanere concentrato. In studio sì, perché quando sei lì a produrre fumano tutti, normale, stai tranquillo ed ascolti la musica in realx.
Che ne pensi di estratti, wax, rosin e tutti questi prodotti?
Sono forse un pochetto troppo forti, sicuramente da pischelli li avremmo apprezzati di più.
I soldi sono il male vero (come canta nell’ultimo disco). E il bene?
Eh. I soldi sono pure il bene, purtroppo, è questa la sòla della storia. Il bene non lo so, lo dovremo trovare, fino ad ora abbiamo appurato che i soldi sono il male però ci fanno comodo.