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40 anni di live per Krs-One che scende dal palco per fare freestyle tra la gente

40 anni di live per Krs-One che scende dal palco per fare freestyle tra la genteLa storia dell’hip hop è passata dalla Svizzera. Più precisamente al Garage music nel nord di Bellinzona, comune del Canton Ticino con meno di 20mila abitanti. Il tour di Krs-One celebra 40 anni di live ma racconta una storia che inizia molto più lontano e che si intreccia con la nascita di quella che è diventata una vera e propria cultura. Lui era lì, nel South Bronx, quando nacque tutto. Un giovane nero in un quartiere povero di una città enorme, che scappa di casa innamorato della musica e delle parole.

Oggi, 20 dischi dopo, Krs-One resta immenso. E non solo per quello che rappresenta, ma per il modo in cui lo fa. Non è solamente un rapper della prima ora che va avanti a fare quello che ha sempre fatto: è un uomo che protegge le radici di una cultura nata “contro” e oggi per molti versi diventata mainstream. Ma non ha il piglio del saggio, dell’icona o dell’eroe. Lo fa a modo suo. Lui che ha creato “The boogie down production” insieme a Dj Scott La Rock e ha fondato l’organizzazione “The Temple of Hip Hop” con Dj Kool Herc e AfriKa Bambaataa, in un buco di posto sperduto nella Svizzera (con tutto il rispetto per il Garage) con un impianto voce da schifo e puzza di cavi bruciati, dopo 30 secondi dall’attacco della prima canzone ha stoppato tutti, urlando al fonico  – incredulo – di scendere sul palco perché non si sentiva niente.

E mentre aspettava, non è andato in camerino, non ha chiesto una bottiglia d’acqua, non si è lamentato col manager. Ha guardato le persone sotto al palco e ha spiegato che con un suono così, non si poteva fare altro che cantare alla vecchia maniera. E’ sceso dal palco, sfanculando i buttafuori e abbracciando chiunque gli capitasse a tiro, distribuendo saluti, firmando dischi, poster e magliette. In tenuta rigorosamente black, ha sudato insieme alla gente che all’inizio delira perché non capisce cosa stia succedendo, e poi delira ancora di più perché non ci può credere, rappando i suoi classici e i pezzi nuovi, chiudendo freestyle a cappella insultando Mtv, e facendo abbassare la base al Dj quando voleva che le sue parole fossero capite una per una. Con un impianto sempre più marcio ha fatto ballare e scatenare tutti quanti fino a quando il microfono non si e spento sul finire di una canzone, che ha chiuso urlando come un forsennato e aizzando la folla.

Poi dopo una pausa è tornato sul palco, per rispetto di chi era venuto a sentirlo.

40 anni di live per Krs-One che scende dal palco per fare freestyle tra la genteIo il suo faccione segnato dall’emozione, mentre urla “Real hip hop is over here”, non me lo scorderò. Perché un conto è raccontare al mondo che “rap is something we do, hip hop is something we live”, ma viverlo è tutta un’altra cosa. E’ la stessa differenza che passa tra l’essere una cosa e il voler possederla. Lui è quello che dice. Spogliato dei gioielli, dei soldi e delle pistole. Lo spiega semplicemente facendo quello che fa. Ringraziando tutti alla fine del concerto e spiegando che l’hip hop non è lui che è venuto a cantare, ma siamo noi, sotto il palco, che siamo venuti a dargli l’opportunità di farlo. Insomma, Krs-One, come spetta fare al buono nelle storie brutte, svela anche le bugie di tutti gli altri. Perché annulla l’individuo e l’egocentrismo ricordando a tutti che siamo solo interpreti di qualcosa molto più grande di noi, che viene da lontano, che non si compra e non si vende. Si può solo vivere, e proteggere, con le armi che ciascuno ha a propria disposizione.

 


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Mario Catania

Foto by Omar(c)Usgang.ch



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