Viaggi e avventure

Fiji a vela

img2Capitale: Suva
Moneta: Dollaro delle Figi
Clima: Tropicale 
Popolazione: 903.207 mila
Specialità gastronomiche: Lovo (piatto di carne o pesce cucinato alla brace), Kokoda (a base di pesce) e poi riso, tuberi vari, frutta e cocco.
Cannabis: Illegale

Immaginate di svegliarvi in una città dell’Europa occidentale, in una di quelle mattine grigie e piovose da depressione fulminante. Accendete il computer, oppure aprite un giornale e vi capita sott’occhio il classico articolo che parla di cambiare vita dall’altra parte del mondo. C’è gente che lo fa davvero. Come il tizio di Bristol che conobbi in un ostello di Mumbai e che mi raccontò di come, in una di quelle mattinate, decise di dare una svolta alla vita diventando marinaio sugli yacht di lusso.

Benny, così si chiamava il tale, aveva letto uno di questi articoli in cui spiegavano come trovare un lavoro diverso dal solito in posti un po’ selvaggi. Aveva scartato il pescatore di salmoni in Canada e il raccoglitore di frutta in Australia, circolavano storie di vero sfruttamento su quei generi di lavori. Per un attimo aveva pensato che avrebbe potuto fare il raccoglitore di perle in un’isola di cui non ricordava il nome e alla fine trovò quello che cercava: il marinaio, più precisamente il mozzo, per yacht di lusso che facevano la spola tra la Nuova Zelanda e le Fiji.

Eccolo il lavoro perfetto per cambiare un po’ la monotonia delle giornate a Bristol. Le Isole Fiji con le lagune da foto e i tramonti infuocati sarebbero state il luogo perfetto dove passare i prossimi mesi o forse dove fermarsi a vivere.

isole-fiji

Una delle domande che gli feci quasi subito era come poteva essere così semplice trovare un lavoro del genere. Benny mi disse che in realtà non era affatto facile ma che se si optava per farlo gratis diventava più easy. Dopo uno scambio di mail con la società che gestiva barche e personale era emerso che senza esperienza poteva chiedere di essere imbarcato ma a patto di lavorare gratis.
A quel punto il dato era tratto, Benny si sentiva come uno di quei personaggi da romanzo d’avventura che partiva per il mare alla ricerca di fortuna. Atterrato ad Auckland aveva raggiunto l’agenzia e sbrigato le faccende burocratiche di visto e assicurazione dopodiché aveva raggiunto il porto dove lo aspettava la barca, un catamarano a vela di 50 piedi dall’evocativo nome di Ohana. Quando Benny parlava del catamarano gli si illuminavano gli occhi, in effetti tempo dopo mi disse che provava un sentimento vero per quella barca. Era come il primo amore, una cosa di cui non ti puoi dimenticare. Oltre alla barca conobbe anche l’equipaggio, erano una famiglia belga che viveva da diversi anni in Australia e che aveva deciso di girare per qualche settimana le Fiji e il capitano, uno skipper di mezza età che accompagnava famiglie in crociera da anni. Avevano tutti esperienza in mare e mi disse che il capitano era un tipo tranquillo a cui fondamentalmente interessava solo che la barca fosse sempre bella pulita.

Così dopo alcuni giorni in porto in cui ebbero modo di conoscersi tutti un po’ meglio e capire se Benny fosse in grado di reggere il mare, l’Ohana fu pronta a levare gli ormeggi per Suva, la capitale dell’arcipelago delle Fiji.

SUVA
SUVA

Quella prima esperienza in mare fu anche la più lunga della carriera marinara di Benny: un’incredibile settimana di navigazione nell’Oceano Pacifico dove l’immensità del mare l’aveva profondamente colpito. Anche se ogni giorno doveva passare buona parte della giornata stando dietro ai bisogni dell’equipaggio e alle pulizie le ore in cui non aveva nulla da fare le passava affascinato a scrutare l’oceano. La notte spesso faceva compagnia a chi c’era di turno al controllo della rotta osservando stupefatto la quantità di stelle che si potevano scrutare lontano dalle luci della civiltà. Il capitano una sera gli disse che c’erano solo due posti dove si potevano vedere così tante stelle l’oceano e il deserto.

Dopo circa sette giorni l’Ohana finalmente giunse in porto attraccando al Royal Suva Yacht Club. Nonostante l’entusiasmo per il viaggio in mare rimettere piede sulla terra ferma fu altrettanto bello. Lo yacht club poi era qualcosa di incredibile, sembrava un campo da golf con i bungalow e la piscina. Per qualche giorno la famiglia belga rimase a Suva a visitare degli amici e anche Benny ne approfittò per visitare la città nel tempo libero. Mi disse che la capitale non gli era piaciuta molto, sembrava un enorme villaggio turistico con tizi per lo più in bermuda e sandali che lavoravano nel turismo. Ricordo che lo definì un alveare per anziani. Rientrati i belgi, la prima tappa della crociera sarebbero state le Isole Mamanuca, un arcipelago di venti isole e isolotti dove la principale attività è lo snorkeling sulla barriera corallina e raggiunta terra, prendere il sole sulla spiaggia, oppure la pesca dei granchi. I belgi poi decisero di fermarsi a Tokoriki per qualche giorno in un resort. Quando gli chiesi come erano questi posti Benny mi disse che sembrava di stare in una pubblicità di un’agenzia viaggi o in un film e in effetti su un’isola da quelle parti hanno girato Cast Away con Tom Hanks.

La tappa successiva furono le Yasawa Island, queste a differenza delle prime erano di origine vulcanica e quindi presentavano dei rilievi montuosi piuttosto elevati, con tratti di foresta interna. Mentre mi spiegava il tutto, Benny aveva tirato fuori un libretto degli appunti da cui leggeva i nomi delle isole che mi suonavano tutti come il nome di un cocktail. Le Yasawa, mi disse, erano una specie di parco naturale dentro uno scenario da cartolina. I pochi resort presenti erano per lo più costruiti interamente in bambo e spesso collegavano con ponti di legno un atollo ad un altro, così capitava che ad alcuni ospiti avessero come stanza l’atollo stesso munito di bungalow, praticamente, spiegava Benny, era come vivere nel film di Laguna Blu.

ISOLA DI YASAWA
ISOLA DI YASAWA

Dopo essersi fermati a girare le Yasawa, l’Ohana fece vela verso Vanua Levu, la seconda più grande isola dell’arcipelago. L’isola è abitata da circa 130mila persone che dopo diverse settimane di atolli sperduti e isole semi disabitate possono sembrare un‘enormità. Secondo Benny infatti l’effetto più straniante del vivere su una barca o in un resort con poche persone è il ritorno alla civiltà. A Vanua Levu l’equipaggio dell’Ohana rimase solo per qualche giorno, un po’ per riprendere dimensione della terra e un po’ per fuggire dai cinquanta piedi del catamarano.

Da qui l’Ohana riprese a salpare in direzione di Taveuni, una delle isole più grandi dopo Vanua e Viti. Qui, oltre alle solite spiagge bianche con le palme in riva al mare è possibile visitare l’entroterra di origine vulcanica e anche un lago di acqua dolce. Benny mi ha raccontato essere stato uno dei luoghi che lo ha colpito maggiormente per le sue barriere coralline, in particolare quelle di Quamea e Matagi che formano la famosa Rainbow Reef, la barriera dell’arcobaleno.

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VANUA LEVU

Il viaggio dell’Ohana finì di li a poco ma Benny rimase ancora per qualche mese tra le Fiji e la Nuova Caledonia lavorando sugli yacht di lusso. Mi disse anche era riuscito a mettere qualcosa da parte e che stava usando quel denaro in una sorta di viaggio di ritorno verso Bristol.

a cura di Mattia Coletto
Viaggiatore appassionato nasce nel secolo sbagliato.
Avrebbe voluto fare l’esploratore.



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