Interviste

3 Allegri Ragazzi Morti: intervista a Enrico Molteni portavoce del gruppo

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Tre allegri ragazzi morti (spesso abbreviato in TARM) è un gruppo musicale formatosi nel 1994 a Pordenone, in Friuli. La formazione del gruppo è composta da: il chitarrista e fumettista Davide Toffolo , il batterista Luca Masseroni e il bassista Enrico Molteni. Dopo la pubblicazione di tre singoli, perlopiù ignorati dalla critica, uscì il primo LP del gruppo, “Piccolo intervento a vivo”. L’album richiamò l’attenzione di alcune case editrici, tra cui la BMG Ricordi, che mise la band sotto contratto per il successivo LP “Mostri e normali”. Il sodalizio con l’etichetta durò molto poco, poiché subito dopo i TARM aprirono una loro etichetta personale, La Tempesta, con la quale pubblicarono Il principe in bicicletta, un EP scaricabile esclusivamente dal sito ufficiale, e i seguenti album in studio. La band ha deciso di non donare la propria immagine ai media e di immaginarsi dentro la matita di Davide Toffolo, popolare disegnatore di fumetti, e di nascondersi inoltre dietro maschere/teschio divenute feticcio e simbolo dell’immaginario evocato dai testi e soprattutto dagli spettacoli live, al punto di pregare il pubblico di non scattare fotografie quando levandosele mostrano il viso. Il 5 marzo 2010 è uscito il loro ultimo disco, diverso dai precedenti, con ritmi in levare e sfumature caraibiche, il titolo è “Primitivi del futuro”. L’intervista che segue è stata fatta ad Enrico Molteni, che ha risposto volentieri alle domande, parlando a nome proprio alle volte, ma facendosi portavoce per il gruppo. Enrico ha iniziato raccontandomi a grandi linee qualcosa di loro.

 

Il gruppo che esiste dal 1994, ci chiamiamo “3 allegri ragazzi morti” e solo dopo 15 anni le radio hanno cominciato a trasmettere in nostri pezzi, senza paura di chiamarci per nome. Però noi avevamo già deciso a priori di non voler essere un gruppo da radio, da televisione, siamo un gruppo che indossa maschere con i teschi. Però noi siamo andati avanti lo stesso e le persone che hanno voluto avvicinarsi a noi ci hanno permesso di continuare sulla nostra strada e di dire quello che pensavamo senza mezzi termini. Abbiamo scoperto però che le cose le devi fare per un tot di tempo, per più tempo le fai più diventano capillari. Quindi non è che ora siamo un gruppo famoso e che lavoriamo da tanto tempo e tutti quelli che si sono avvicinati a noi ci sono rimasti vicino. E’ bello incontrare ragazze che ci raccontano che ci ascoltavano a 15 anni e che ora magari mamme e con una famiglia ci ascoltano ancora.

Il vostro ultimo lavoro in studio “Primitivi Del Futuro” fa riferimento a una teoria di John Zerzan, che propone un ritorno a una vita primitiva in contrasto con tutte le problematiche portate da questa attuale civilizzazione, pensate che questo “ritorno alle origini” possa essere un modo per andare contro alle ideologie che questa società ci vuole imporre? Ideologie che ci vorrebbero omologare in un solo modello umano…
Quello che ci affascina dell’idea di Zerzan è che tutti gli errori o problemi che vi viviamo quotidianamente in questa società non sono così facilmente risolvibili cambiando governo o cambiando casa o area geografica… sono problemi che arrivano da molto lontano, dal neolitico secondo Zerzan, quindi quando l’uomo ha smesso di essere cacciatore, raccoglitore per insediarsi cominciando a coltivare costruire. E’ una cosa così estrema che ci ha sbalordito e affascinato, ovviamente noi non ci immaginiamo di poter arrivare a questo punto, ma abbiamo cominciato da li a fare delle riflessioni, e fatalità in quel periodo è uscito Avatar.
Allora abbiamo pensato “cavoli! L’idea è quella comunque di noi, gli umani che diventano cattivi perché evoluti, quando in realtà forse con delle regole più semplici e con un’armonia maggiore, avremmo potuto vivere meglio. Da quando sono bambino penso che forse basterebbe una regola sola, puoi fare quello che vuoi basta che non dai fastidio agli altri, però purtroppo la società è questa e ci sono delle regole, ma forse il bello delle regole è che puoi anche non rispettarle.

L’ultimo album è uscito lo scorso marzo, siete soddisfatti finora di com’è sta andando?
Siamo molto contenti perché dopo tanti anni che suoniamo in giro questo disco ha colpito persone nuove che non ci conoscevano, persone che ci conoscevano ma che non ci apprezzavano e amici che dopo tanto tempo ci davano per “scontati”, invece questa cosa a colpito noi per primi, le persone che ci seguono e questo disco ha una caratteristica, che è un bel disco che riesce a cogliere un momento e che porta con se un’atmosfera, che solitamente è la cosa più difficile da mettere in un disco, ci abbiamo provato molte volte e forse con questo disco ci siamo riusciti. Diciamo che il cambiamento di sonorità rispetto ai dischi precedenti ha sicuramente incuriosito le presone, è diventato un’argomento di comunicazione forte. Un gruppo che esiste da tanto tempo, che fa una cosa, diversa dal solito e crediamo che i giornalisti per questo motivo, incuriositi, abbiamo ascoltato il disco con maggiore attenzione per capire cosa era cambiato a differenza di altre volte.

Quali sono le fonti d’ispirazione, che hanno vi hanno influenzato ultimamente?
Forse la cosa più importante che ci ha influenzato in questo periodo è il fatto di essere andati a vivere insieme da 2 anni, in una casa isolata in campagna nella provincia di Pordenone, e sicuramente questa cosa è stata importante. Poi ognuno di noi ha coltivato i propri interessi, ma il fatto di vivere assieme ci ha portato a far si che gli interessi di uno fossero quelli degli altri. Stranamente rispetto ad altri gruppi che si sono sciolti, questo stare sempre assieme non ci ha portato grossi problemi di convivenza, siamo sempre stati rispettosi uno dell’altro.

Nel 2008 siete comparsi durante un’esibizione in “Come Dio comanda” di Gabriele Salvatores, cosa vi ha dato questa esperienza? Come è stato lavorare con un regista del suo calibro?
Allora è andata così… Salvatores ha girato il film nelle nostre zone, nella provincia di Pordenone ed un giorno passando sotto casa mia a Maniago, uno dei ragazzi della commission ha detto: “Qui abita uno dei “ 3 allegri ragazzi morti”. Salvatores incuriosito, ha detto di conoscerci e di averci sentiti, ed ha pensato di sostituire una scena del film, di un rave, con un concerto rock. Così è nata la nostra collaborazione, Salvatores ci ha chiesto di scrivere una canzone, la voleva ignorante, dura e distorta e noi abbiamo seguito le sue indicazioni. Poi è arrivato il giorno delle riprese, in cui abbiamo lavorato tutta la giornata, sembrava di essere ad una grande festa, quello che ci ha lasciato un po spiazzati è stato che l’intera giornata di registrazione, nel film è diventata una scena di 6 secondi. Ovviamente l’esperienza è stata molto bella, anche perché nei giorni in cui non abbiamo girato, abbiamo potuto seguire le riprese.

Attualmente cosa ne pensate della situazione musicale italiana?
Siamo grandi sostenitori della musica italiana di adesso, anche per il nostro lavoro con l’etichetta discografica “La Tempesta” etichetta indipendente, ma che preferiamo chiamare “Collettivo di artisti”, con cui cerchiamo di dare spazio a quella che riteniamo la migliore musica italiana. Quindi dai “3 allegri ragazzi morti” al “Teatro degli orrori”. Crediamo che la musica di adesso, verrà ricordata come la musica popolare di questi anni.

Questo numero di dolce vita è dedicato al tema MOLTITUDINE INARRESTABILE, persone ed organizzazioni che si occupano del bene dell’umanità dal punto di vista ambientale e sociale delle quali i media non parlano, cosa ne pensi?
L’anno scorso sono stato a Cuba e sono entrato in contatto con il cosiddetto “bavaglio” della comunicazione, e credo che Cuba sia uno dei posti al mondo dove questa cosa è più forte ed evidente.Prendendo questo come esempio estremo, credo sia che la comunicazione sia un discorso di interesse, c’è quello che vogliono ci arrivi e quello che non vogliono farci sapere. Motivo per cui la comunicazione ha perso un po del suo valore. Credo che queste dinamiche siano comunque “comprensibili”, il dubbio che però mi sorge spesso è legato alla qualità dei contenuti, nel senso, prendo per esempio la musica, ci sono tanti gruppi che si lamentano di non essere mai chiamati a suonare, poi li senti e fanno schifo, e tu pensi che sia normale che non gli venga dato spazio, come invece capita il contrario che gruppi bravissimi abbiano la stessa difficoltà ad inserirsi. Quindi non conoscendo le motivazioni di queste scelte non posso capire come mai alcune cose passino ad altre no.

Come sai noi siamo una rivista attenta anche a temi antiproibizionisti. Non ti chiedo un giudizio politico, ma cosa ne pensi della legge Fini/Giovanardi che vuole l’ abolizione di ogni distinzione tra droghe leggere, quali la cannabis, e droghe pesanti, quali eroina o cocaina?
Per quello che è la mia età (33 anni) e la mia esperienza, tutte le cose che ci vengono dette sulla droga, da quando siamo ragazzini, sono vere. Secondo me le droghe fanno tutte male allo stesso modo e le droghe leggere portano a quelle pesanti.

Quindi voi non fumate e non bevete?
Non ho detto questo, ognuno di noi ha le sue storie. “Non mi sto mettendo dalla parte di quello che dice “ fa male, non lo fare” sono una persona che fa queste cose, però se da più giovane pensavo che le canne fossero una cosa leggere e divertente, ora non lo penso più perché ho visto tanta gente…che insomma… non fa bene”. Ho la sensazione che alcune droghe considerate pesanti, siano più leggere di quelle considerate leggere, ad esempio anche la marijuana ha delle qualità che sono violentissime, non puoi fumartene una e poi andare in giro in macchina, perché sono forti. Non voglio fare il moralizzatore, e non voglio dire quello che facciamo noi ma avendo girato e avendo visto varie situazioni, i miei pensieri rispetto a quando ero più ragazzino sono cambiati. Se quando andavo a scuola pensavo che le canne fossero una cosa giusta e semplice, ora penso che ci voglia dell’intelligenza per utilizzarle. Ci vuole intelligenza per tutte le cose, anche per le droghe, con l’intelligenza anche quelle pesanti potrebbero diventare leggere.

Se domani tutto questo finisse che cosa fareste? E se invece andasse bene… qual è la vostra visione del futuro?
Davide è un artista, quindi lui potrebbe continuare a disegnare e seguire i suoi progetti artistici. Mentre Enrico e Luca sono un po diversi. Luca potrebbe vivere di pochissimo, gli basterebbe un orto e sarebbe felice tutta la vita. Enrico invece forse sarebbe l’unico che si riuscirebbe ad adattare ad una vita “da scrivania”, una vita un po noiosa che quando esci però trovi tutti i passatempi precostruiti dalla società di cui si nutrirebbe volentieri (musica, libri, film) sarebbero un buon passatempo.
Diciamo che se il nostro progetto diventasse più importante di adesso, non sapremmo che rispondere, perché per noi il potere è una brutta bestia, e che sia una cosa difficile da gestire. E crediamo che solo trovandoci a vivere quel tipo di esperienza potremmo capire se saremmo in grado di gestirla o meno.
Vogliamo provare? Ci dai una mano?….

a cura di Martina

 



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